recensioni

|REVIEW PARTY| Il priorato dell'albero delle arance - Samantha Shannon

novembre 30, 2019












Il romanzo fantasy dell'anno. La casa di Berethnet ha regnato su Inys per mille anni ma ora sembra destinata a estinguersi se la regina Sabran IX non si sposerà e darà alla luce una figlia. I tempi sono difficili, gli assassini si nascondono nell'ombra della corte. A vegliare segretamente su Sabran c'è Ead Duryan, adepta di una società segreta che, grazie ai suoi incantesimi, protegge la sovrana. Ma la magia è ufficialmente proibita a Inys... Tra draghi, lotte per il potere e indimenticabili eroine, l'epico fantasy al femminile per il nuovo millennio.





















È arrivato in Italia, finalmente, Il priorato dell'albero delle arance, il nuovo epic fantasy che promette - e mantiene - interessanti ore di lettura.
Bookporn a livelli allucinanti - copertina rigida con dettagli traslucidi, pagine colorate, mappe stupende, segnalibro ton-sur-ton e sovraccoperta stampata fronte/retro - che supera (e ce ne vuole!) l'edizione cartacea della trilogia di Nevernight, conta quasi 900 pagine di puro intrattenimento tradotte da un'eccellente Benedetta Gallo.
Anche se in verità non ci si dovrebbe stupire, dato che Mondadori Oscar Vault seleziona solo il meglio sia come qualità di testi che di vesti grafiche accattivanti.


Il romanzo presenta una narrazione corale, grazie ai quattro POV, ed ha un worldbuilding particolare ed interessante: le nazioni che vengono presentate - Nord, Sud, Oriente e Occidente - sono un mix di culture, folklore, usi e costumi di luoghi realmente esistiti e mai dimenticati - basti pensare alla Cina imperiale, all'Europa del seicento, ai paesi arabi e il giappone - e che sono accomunate dal terrore che il Senza Nome, il loro più grande nemico, possa ritornare e distruggere come mille anni prima tutto il territorio con la sua armata draconica.


Il priorato dell'albero delle arance non è un romanzo a cui ci si può approcciare con facilità: complice la vasta ambientazione e la moltitudine di personaggi, entrambi ipercaratterizzati e realistici, richiede molta concentrazione per portare a termine la lettura.
Specialmente se è un volume autoconclusivo e ricco di informazioni che, a primo impatto e complice la mole, lascia un po' disorientati.
Per fortuna, però, il romanzo scorre bene dopo le prime duecento pagine, grazie alla penna agile della Shannon, e ci si ritroverà avvinti in una narrazione stupefacente in cui si muovono draghi (pacifici e non) ed eroine che devono districarsi tra società segrete, intrighi, misteri, magia, tradimenti, lotte, guerre e, naturalmente, l'immancabile componente amorosa.


Un altro aspetto importante che sicuramente merita attenzione è che il romanzo è un inno al femminismo: la Shannon ha ridisegnato i confini del fantasy ed ha donato alle sue eroine il coraggio che solo le donne possono avere (e tirare fuori) in certe situazioni, oltre che aver inserito l'inclusività nella totalità delle accezioni del termine e dato il punto di svolta che serviva a questo genere letterario: basta personaggi femminili relegati ad accessori o premi per cui lottare e vincere le guerre, basta donne assoggettate all'uomo. Qui si assiste ad un vero e proprio ribaltamento dei ruoli, ed è piacevole, alle soglie del 2020, leggere l'innovazione in campo letterario - ci aveva provato negli anni ‘80 anche l'immensa Ursula K. Le Guin, come dichiarato recentemente in un documentario, ma l’epoca evidentemente non era ancora matura per l'accettazione del girl power.


Il priorato dell'albero delle arance, che è arricchito anche da glossari riguardanti speigazioni su periodi storici e nomenclature, in definitiva è un libro che appassiona, coinvolge, stupisce, commuove e che sarà difficile dimenticare.








Recensione a cura di:








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Si ringrazia la CE Mondadori per la stampata delle bozze





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|RECENSIONE FILM| Il re leone - 2019

novembre 29, 2019
























Convinto di essere responsabile della morte del padre re Mufasa, in realtà ucciso dal perfido fratello Scar, il piccolo leoncino Simba si allontana dalla sua terra. Accolto e allevato dal suricato Timon e dal facocero Pumbaa, Simba cresce cercando di dimenticare il passato. Ritrovato da Nala, sua vecchia compagna di giochi, e Rafiki, babbuino sciamano, decide di tornare per scacciare l'usurpatore Scar...










Può contenere spoiler




Un ruggito di saluto a tutti. 
Stavolta vi trasporto nel cuore dell'Africa, nella Savana, sulla rupe resa famosa dalla Disney. 
Un tuffo nel passato? 
No, poiché in sala è uscito il live action - gli amati e odiati live action Disney - e, come promesso nella mia recensione su Dumbo, eccoci a parlare di quest'altra pellicola tanto discussa.



Ecco che lo schermo si accende, il familiare coro tribale risuona nella sala, per poi lasciare il campo a “Il cerchio della vita”, lasciandoci cullare tra quelle parole che i più maturi (mano alzata) conoscono a memoria, mentre Rafiki il babbuino espone a tutti i sudditi, rispettosi ed entusiasti, il principe Simba. 
Una delle scene più epiche di tutto il repertorio Disney, quella della posa in aria del leoncino, tanto che persino i vostri animali da compagnia avranno fatto la stessa fine (ammettetelo, di averlo fatto con i vostri gatti - se poi avete un leone ben venga: avrete minor problema di me a far star zitti i vicini). Dunque, veniamo alle cose serie: bisogna dichiararlo a voce alta: “le canzoni di tutto il film sono identiche alla versione originale ”.  
Lo ammetto, per tutta la durata boccheggiavo per cantare silenziosamente tutti i pezzi. Lo stesso non è accaduto per la Bella e la Bestia e ho provato un leggero fastidio. Però che dire, la grafica dei paesaggi è d'impatto e gli animali, creati in digitale, paiono animali veri e propri e non artefatti al computer.



La trasposizione ripercorre a 360° quello del cartone animato, abbiamo Mufasa, un leone tutto d'un pezzo, il re dei felini africani - che ha la voce di Luca Ward che sconvolge gli ormoni, oltre a deliziare le orecchie - sempre amorevole e insieme integerrimo nell’occuparsi del suo branco e dei suoi sudditi; compito non sempre facile visto che ha parecchi grattacapi: un figlioletto molto vivace a cui tramettere saggezze, un fratello sfuggente e che trama nell'ombra contro di lui, infine le iene che minacciano spesso e volentieri  di violare i territori di caccia, dai quali sono state esiliate per una impossibile convivenza. 
Il leone è luce, la iena è la tenebra. 
Il piccolo Simba cresce in questo ambiente sereno, recependo via via gli insegnamenti di suo padre, benché lui sembri troppo immaturo e monello per poterne afferrare il senso: il cerchio della vita, un messaggio non certo scontato e di grande importanza. Ogni essere vivente è parte di un cerchio naturale, ecco perché non bisogna uccidere inutilmente e danneggiare il prossimo di proposito.
Sarebbe di buon auspicio che anche l'uomo seguisse questo legge naturale e non stravolgerne l'equilibrio..
Mufasa delimita i confini del regno, in modo che il pargoletto sappia esattamente quali siano i territori da non oltrepassare. Ovviamente il re ottiene il risultato opposto, accendendo la morbosa curiosità di Simba, accentuata dal subdolo zio Scar, il quale coglie la palla al balzo per istigare il nipotino a intraprendere una gita nella zona proibita. Simba, eccitatissimo di quella avventura, interrompe la seduta di lavaggio a leccata della sua amica Nala, nonché futura fidanzata, che convince a seguirlo nell'ignaro pericolo. 
Mai inseguire i maschi, nemmeno da cuccioli. 
Simba e Nala  riescono a seminare il Zazu, il pennuto galoppino e consigliere di Mufasa, tanto saggio quanto pignolo, e arrivare a una desolante destinazione: il cimitero di elefanti, un luogo senza colore e vitalità. Per forza, sono morti.
Beh, non è che i leoni potessero mettere cartelli con su scritto: ”Vietato l'accesso ” o una rete di filo spinato. Loro si accontentano della fiducia.
La prima a rendersi conto di aver commesso una bravata è Nala, nel frattempo Simba si ritrova davanti alla cosiddetta realtà brutale; una scelta presa alla leggera può portare alla morte. Le iene sono in agguato, tra cui la loro boss mafiosa Shenzi, ma il prode re felino balza in aiuto degli indifesi, mettendo in fuga il nemico. Simba si prepara al predicozzo che si è meritato, eppure il leone adulto rimane più ammansito rispetto al solito, guarda il cielo, nel firmamento, e ci vede gli antenati che lo fissano da anni e anni. 
Probabilmente lui, da piccolo, ne ha combinate di peggio, ma non lo vuole ammettere. 
Sembra che tutto sia sistemato, invece ci avviciniamo al frangente più traumatico del live, il trauma infantile della morte di Mufasa. 
Io ero disperata perché non avrei più sentito la voce di Luca Ward. 😭 Non è spoiler, vero?🤔
Tutta colpa di Scar e delle sue nuove  amiche iene, le quali provocano la fuga delle mandria impazzita di manzi… no, aspetta sono gnu, di gnu, che inferociti si buttano come tori impazziti nello strapiombo e tra un po' schiacciano Simba come una scarafaggio che gironzola beato per la casa. Mufasa non ci pensa due volte a salvare la sua prole, ed ecco che Scar ne approfitta per levarselo dalle zampe e rubargli il trono delle rupe (?), facendolo volare nel dirupo e schiantare a terra. E uno ce lo siamo giocato. 
Lo zietto non ci mette molto a sputar veleno e incolpa il nipotino della sventura.
Da qui comincia l'esilio di Simba e l'incontro con i personaggi più simpatici e più golosi di insetti della Tv. Timon il suricata e Pumba il facocero scoreggione. Un toccasana per l’inconsolabile leoncino.
La loro filosofia è Hakuna Matata, ovvero Senza pensieri, in pratica la stessa filosofia dei politici italiani. Il classico massì, che ce frega. 
Ed ecco che ci ritroviamo un Simba adulto e un po' complessato, soprattutto all'incontro con la leonessa Nala, andata via dalla rupe per cercare l'eletto che riuscirà a spodestare Scar. Incoraggiato da Cupido - la freccia dell'amore non devia un tiro - e da Rafiki il babbuino, Simba decide infine di affrontare il suo destino e finalmente prendere il posto che gli spetta.



Il fatto che la trama Il re Leone sia identica al cartone, sia nello svolgimento e in gran parte nei dialoghi tra personaggi ha entusiasmato alcuni, altri no perché non ci trovano nulla di originale e questo li convince a prendere in considerazione neanche di andarlo a vedere. 
Voi cosa ne pensate? 
A me è piaciuto così com'è, l'unica nota dolente a cui mi appello è il doppiaggio di Simba e Nala adulti.
Senza nulla togliere a Mengoni ed Elisa, fanno anche bene il loro mestiere, ma è necessario affidare il doppiaggio a chi non lo è di professione, come per esempio il signor Ward? 
Si sente che ci sono delle mancanze nei toni, delle sfumature importanti da utilizzare.
Son sincera, se la sono pure cavata, è stato peggio il doppiaggio di Saphira di Ilaria D'Amico in Eragon: quello era devastante.
Mi farebbe piacere sapere il vostro parere.
Vi saluto, al prossimo film.






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|RECENSIONE| La malora - Beppe Fenoglio

novembre 29, 2019







Secondo libro di Fenoglio, "La malora" apparve nel 1954, due anni dopo il fulminante esordio dei "Ventitré giorni della città di Alba". Vi si racconta, con un tono ruvido che nulla concede alla retorica e al sentimento, la vicenda carica di destino del giovane Agostino che, morto il padre, va a servizio in un'altra cascina. Fenoglio conosceva bene la realtà umana delle colline di casa. Le vite elementari dei suoi personaggi, scandite dalla fatica e dal silenzio, dalla dignità e da speranze impossibili, sono come scolpite nella pietra di un linguaggio essenziale, e tuttavia profondamente partecipe che ha fatto dello scrittore albese uno dei "grandi" del Novecento.















‭"‬Pioveva su tutte le Langhe,‭ ‬lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra...Dio non fu mai con noi‭"‬.‭


"‬Pioggia battente,‭ ‬vita grama,‭ ‬destino,‭ ‬condanna e morte‭"‬.
Fenoglio manifesta con chiara evidenza,‭ ‬fin dalle scelte lessicali iniziali,‭ ‬la vita di dura miseria e di fame del protagonista,‭ ‬di suo padre,‭ ‬di sua madre e del fratello.‭ ‬In famiglia,‭ ‬a tavola,‭ ‬dopo giornate passate nei campi ed ad accudire il bestiame,‭ ‬a pranzo e a cena,‭ ‬in tavola sempre meno polenta,‭ ‬senza nient’altro che un po‭’ ‬di formaggio.
Neanche il Natale è più allietato da fichi secchi o da qualche mandarino.
Nonostante gli sforzi raddoppino,‭ ‬i soldi continuano a mancare e la povertà‭  ‬è sempre più evidente.
Alla fine rimane in tavola solo polenta,‭ ‬strofinata su di un’unica sardina per tutti,‭ ‬perché diventi più saporita.‭ ‬
Per sopravvivere rimane un’unica possibilità:‭ ‬mandare Agostino a servire sotto padrone‭; ‬l’altro figlio,‭ ‬Emilio,‭ ‬accetta di entrare in Seminario,‭ ‬in cambio della remissione di un debito contratto con un’anziana maestra,‭ ‬a cui rimangono pochi anni di vita.‭


‬Il lavoro,‭ ‬il‭ "‬mangiare‭"‬,‭ ‬il servire:‭ ‬nessuna speranza,‭ ‬nessun affetto,‭ ‬solo rabbia e rassegnazione,‭ ‬una servitù senza possibilità di riscatto.‭ 


"‬Mi sentivo nelle vene sangue d'altri che avevano già servito‭"‬.


Ma anche a servizio la fame continua come una condanna,‭ ‬la paga è misera e il vitto neppure sufficiente,‭ ‬se commisurato alla fatica quotidiana.‭ ‬Agostino‭ “‬aspettava che si addormentasse la pancia,‭ ‬perché potesse addormentarsi anche la testa‭”‬.‭ ‬
Lavoro,‭ ‬botte e cinghiate e la sera,‭ ‬stremati dalla stanchezza,‭ ‬arriva dal padrone l’ordine di cantare per manifestare serenità.
Agostino cerca l’affetto del fratello,‭ ‬lo va a trovare in Seminario,‭ ‬ma ogni volta lo vede sempre più malato e sofferente:‭ ‬anche lì i poveri patiscono fame e freddo,‭ ‬anche lì ci sono disuguaglianze e ingiustizie.‭


‬Siamo nel‭ ‬1954,‭ ‬in Piemonte,‭ ‬ma gli stenti e la fatica del giovane Agostino non sono così diversi dalla fatica del piccolo Malpelo di Verga,‭ ‬bambini e giovani sopraffatti dalla sofferenza,‭ ‬privati di tutto:‭ "‬ero solo una bestia da soma con lo svantaggio della parola‭"‬.‭ 
Uomini come bestie.‭


‬Non troviamo neppure l'idealizzazione mitica delle Langhe di Pavese né lo sguardo affettuoso e partecipe di Pasolini verso i suoi‭ "‬ragazzi di vita‭"‬.‭ ‬
Qui tutto è solitudine,‭ ‬freddo,‭ ‬neve,‭ ‬stenti,‭ ‬e ancora tanta fame.‭ 
‬Nessuno spirito di carità anima i contadini,‭ ‬mossi solo dalla legge del bisogno‭ (‬il pane,‭ ‬la‭ "‬roba‭" ‬di Verga‭)‬.‭
‬E l'attrattiva del fiume‭ "‬dove tanti della nostra razza si sono gettati a finirla‭"‬.‭ ‬
La morte come sollievo agognato,‭ ‬termine di tutte le sofferenze.


E in questo contesto qual è il ruolo delle donne‭? ‬Anch’esse sono animali da carico,‭ ‬da lavoro,‭ ‬da riproduzione.‭ ‬Nessuno riesce ad affrancarsi dalla logica della‭ “‬malora‭” ‬che fa affondare sempre più in basso.
Emilio riflette:‭ “‬Vidi dall’alto la nosta casa,‭ ‬giù verso Belbo,‭ ‬mi sembrò che portasse sul tetto tutto il peso del cielo‭”‬.‭


‬Proviamo quindi a leggere‭ “‬La malora‭”‬‬come il romanzo della povertà più nera,‭ ‬della miseria più grama,‭ ‬della fatica di sopravvivere:‭ ‬allora,‭ ‬in Italia,‭ ‬ora in qualunque Paese e in qualunque continente la necessità spezzi la dignità umana.‭
‬Ricordiamo che la nostra Storia di ieri è per tanti altri popoli la Storia di oggi.






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recensioni

|REVIEW PARTY| La prima legge: Non prima che siano impiccati - Joe Abercrombie

novembre 28, 2019












Logen Novedita è un guerriero in fuga dal Nord di cui è stato il campione idolatrato tanto dai nemici che lo vorrebbero morto come dagli amici che farebbero meglio a crederlo tale. Perché dentro di lui si annida il Sanguinario, un'ombra per cui orrore, fuoco e morte sono un banchetto al quale invitare tutto e tutti. Glokta l'Inquisitore trascina il proprio corpo torturato nei palazzi del potere, investigando su una cospirazione in grado di ribaltare l'ordine costituito. Il giovane Jezal dan Luthar, che forse si accontenterebbe della propria bellezza, sfacciataggine e abilità nella scherma, scoprirà che qualcuno nutre grandi e pericolosi progetti per lui. Il Maggiore West deve lottare contro la propria sorella, l'idiozia delle gerarchie militari, e la costante feroce emicrania. Nelle vene della misteriosa e intrattabile Ferro Maljinn scorre sangue di demone, e una sete di vendetta che minaccia di travolgere un Impero. I loro cammini sono destinati a incrociarsi nella guerra che chiude le sue fauci sull'Unione da Nord a Sud, mentre alle ombre del passato e ai sortilegi si sommano le nuove, devastanti forze dell'oro e della tecnologia. Con questo affresco, ricco di pathos e umorismo nero, che comprende rovine ciclopiche e bettole, schermaglie politiche e duelli brutali in un cerchio di scudi, mercenari e prostitute, regine e banchieri, Joe Abercrombie ha portato il fantasy verso nuovi confini, capaci di fondere J.R.R. Tolkien e i noir americani, il realismo di G.R.R. Martin e l'ironia citazionista di Tarantino.




















Se hai perso la recensione del primo volume clicca qui!



Dopo essere rimasti affascinati da Il richiamo delle spade e dalle vicende che si svolgono nel Mondo Circolare, Joe Abercrombie continua a stupire il lettore con il secondo volume della trilogia della Prima Legge, Non prima che siano impiccati.


Il timore, spesso fondato, che si cela dietro un secondo volume è che questo non sia all'altezza del primo e, di conseguenza, il terzo sarebbe solo per "salvare il salvabile" e chiudere i punti in sospeso.
Ebbene, con Abercrombie questi problemi non ci sono: Non prima che siano impiccati è un degno sequel, pieno di azione e rivelazioni, talmente tanto da non dare un attimo di tregua - complice la penna scorrevole del giovane nuovo esponente della Grimdark Fantasy ed una trama ad incastro ben congegnata in cui alcuni interrogativi irrisolti dal precededente volume vengono risolti ed altri...rimandati al prossimo e conclusivo tomo della trilogia.


Il romanzo riprende esattamente da dove si era concluso, e l'evoluzione dei personaggi - ognuno protagonista con un suo POV - e l'ampliamento del worldbuilding sono notevoli: tutti combattono la loro guerra personale contro i propri scheletri nell'armadio e una guerra più ampia insieme agli altri, ognuno col proprio carattere e le proprie scelte - giuste o sbagliate che siano - e che li rende profondamente umani e ben caratterizzati e dove bene e male sono delimitati da una linea tanto sottile da confondersi.
Non prima che siano impiccati è, dunque, un volume adrenalinico pieno di cinismo e realtà, dalle atmosfere soffocanti e scure e di cui è impossibile non apprezzarne ogni sfaccettatura.


Sicuramente Abercrombie continuerà a stupirci nell'ultimo volume, l'ultima ragione dei re, dato che, come un "certo" George R.R. Martin - a cui è stato più volte accostato - non ha paura di far fuori personaggi importanti.
E noi aspettiamo solo di scoprire cosa spetterà ai nostri feels.







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Si ringrazia la CE Mondadori per l'invio del libro digitale





graphic novel

|RECENSIONE| Il trono di spade - il graphic novel: Un gioco di Troni vol. 1 & 2 - George R.R. Martin/T. Patterson/D. Abraham

novembre 28, 2019







Intrighi e rivalità, guerre e omicidi, amori e tradimenti, presagi e magie nel primo volume della saga de "Le cronache del ghiaccio e del fuoco" a fumetti. Il più grande successo fantasy degli ultimi anni diventa un graphic novel d'autore.









La grandiosa e amata epopea fantasy diventa un graphic novel d'autore. Duelli e amori, corti magnifiche e lande desolate, guerra e magia, in un imponente affresco dal ritmo rapinoso.

















L'epopea di Game of Thrones - tradotto in italiano con Il trono di spade - rivive, grazie alle illustrazioni di Tommy Patterson e l'adattamento di Daniel Abraham, in due volumi di pregio da oltre 400 pagine editi dalla Oscar Ink Mondadori.


Chiunque, volente o nolente, conosce la saga scritta da George R.R.Martin: molti fedelissimi sin dalla prima pubblicazione dei libri, altri che hanno scoperto prima la serie e poi hanno recuperato i cinque tomi della serie per completezza.
Ma, di certo, anche chi non ha mai toccato neanche il libro primo o visto un solo episodio, ne ha sentito parlare.


Complice un worldbuilding complesso ed una narrazione corale, Martin ha edificato un intero mondo grazie alla sua penna affilata che, da oggi, sarà possibile apprezzare nell'inedita versione di graphic novel.


Molti, dopo aver visto la serie, spaventati dalla mole dei romanzi hanno desistito dall'approfondire la lettura. Ma la Oscar Ink Mondadori ha fornito una valida alternativa, pubblicando in soli due volumi la serie dedicata al volume primo Un gioco di Troni che, in questa veste inedita, rappresenta un arricchimento delle altre versioni di opere derivate.


Lo stile è molto à la Marvel, con molte descrizioni - doverose - e dei colori incredibilmente intensi.
La storia è pressoché identica al primo tomo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, sebbene siano stati operati dei tagli.
Anche se i personaggi sono completamente diversi dalla controparte in celluloide (e per ovvie ragioni: in primis lo stile di Patterson, in secundis è stato prodotto molto prima che la serie tv fosse adattata), non si fa fatica a riconoscerli.


Adattare oltre 1000 pagine è stata una sfida che Abraham ha saputo portare a termine con un risultato pregevole, nonostante Martin avesse più volte ribadito quanto le sue opere non potessero essere trasposte in altri formati diversi dal libro, rendendo di fatto questa nuova edizione un'opera esteticamente e contenutisticamente imprescindibile per ogni fan affezionato alla saga.
E chissà, magari può lenire la delusione dei fan portata dall'ultima stagione di Game of Thrones.







Recensione a cura di:








Non perdere nessun aggiornamento sui prossimi post:









Si ringrazia Mondadori Oscar Ink per l'invio del libro cartaceo





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