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|RECENSIONE FILM| Il re leone - 2019

novembre 29, 2019
























Convinto di essere responsabile della morte del padre re Mufasa, in realtà ucciso dal perfido fratello Scar, il piccolo leoncino Simba si allontana dalla sua terra. Accolto e allevato dal suricato Timon e dal facocero Pumbaa, Simba cresce cercando di dimenticare il passato. Ritrovato da Nala, sua vecchia compagna di giochi, e Rafiki, babbuino sciamano, decide di tornare per scacciare l'usurpatore Scar...










Può contenere spoiler




Un ruggito di saluto a tutti. 
Stavolta vi trasporto nel cuore dell'Africa, nella Savana, sulla rupe resa famosa dalla Disney. 
Un tuffo nel passato? 
No, poiché in sala è uscito il live action - gli amati e odiati live action Disney - e, come promesso nella mia recensione su Dumbo, eccoci a parlare di quest'altra pellicola tanto discussa.



Ecco che lo schermo si accende, il familiare coro tribale risuona nella sala, per poi lasciare il campo a “Il cerchio della vita”, lasciandoci cullare tra quelle parole che i più maturi (mano alzata) conoscono a memoria, mentre Rafiki il babbuino espone a tutti i sudditi, rispettosi ed entusiasti, il principe Simba. 
Una delle scene più epiche di tutto il repertorio Disney, quella della posa in aria del leoncino, tanto che persino i vostri animali da compagnia avranno fatto la stessa fine (ammettetelo, di averlo fatto con i vostri gatti - se poi avete un leone ben venga: avrete minor problema di me a far star zitti i vicini). Dunque, veniamo alle cose serie: bisogna dichiararlo a voce alta: “le canzoni di tutto il film sono identiche alla versione originale ”.  
Lo ammetto, per tutta la durata boccheggiavo per cantare silenziosamente tutti i pezzi. Lo stesso non è accaduto per la Bella e la Bestia e ho provato un leggero fastidio. Però che dire, la grafica dei paesaggi è d'impatto e gli animali, creati in digitale, paiono animali veri e propri e non artefatti al computer.



La trasposizione ripercorre a 360° quello del cartone animato, abbiamo Mufasa, un leone tutto d'un pezzo, il re dei felini africani - che ha la voce di Luca Ward che sconvolge gli ormoni, oltre a deliziare le orecchie - sempre amorevole e insieme integerrimo nell’occuparsi del suo branco e dei suoi sudditi; compito non sempre facile visto che ha parecchi grattacapi: un figlioletto molto vivace a cui tramettere saggezze, un fratello sfuggente e che trama nell'ombra contro di lui, infine le iene che minacciano spesso e volentieri  di violare i territori di caccia, dai quali sono state esiliate per una impossibile convivenza. 
Il leone è luce, la iena è la tenebra. 
Il piccolo Simba cresce in questo ambiente sereno, recependo via via gli insegnamenti di suo padre, benché lui sembri troppo immaturo e monello per poterne afferrare il senso: il cerchio della vita, un messaggio non certo scontato e di grande importanza. Ogni essere vivente è parte di un cerchio naturale, ecco perché non bisogna uccidere inutilmente e danneggiare il prossimo di proposito.
Sarebbe di buon auspicio che anche l'uomo seguisse questo legge naturale e non stravolgerne l'equilibrio..
Mufasa delimita i confini del regno, in modo che il pargoletto sappia esattamente quali siano i territori da non oltrepassare. Ovviamente il re ottiene il risultato opposto, accendendo la morbosa curiosità di Simba, accentuata dal subdolo zio Scar, il quale coglie la palla al balzo per istigare il nipotino a intraprendere una gita nella zona proibita. Simba, eccitatissimo di quella avventura, interrompe la seduta di lavaggio a leccata della sua amica Nala, nonché futura fidanzata, che convince a seguirlo nell'ignaro pericolo. 
Mai inseguire i maschi, nemmeno da cuccioli. 
Simba e Nala  riescono a seminare il Zazu, il pennuto galoppino e consigliere di Mufasa, tanto saggio quanto pignolo, e arrivare a una desolante destinazione: il cimitero di elefanti, un luogo senza colore e vitalità. Per forza, sono morti.
Beh, non è che i leoni potessero mettere cartelli con su scritto: ”Vietato l'accesso ” o una rete di filo spinato. Loro si accontentano della fiducia.
La prima a rendersi conto di aver commesso una bravata è Nala, nel frattempo Simba si ritrova davanti alla cosiddetta realtà brutale; una scelta presa alla leggera può portare alla morte. Le iene sono in agguato, tra cui la loro boss mafiosa Shenzi, ma il prode re felino balza in aiuto degli indifesi, mettendo in fuga il nemico. Simba si prepara al predicozzo che si è meritato, eppure il leone adulto rimane più ammansito rispetto al solito, guarda il cielo, nel firmamento, e ci vede gli antenati che lo fissano da anni e anni. 
Probabilmente lui, da piccolo, ne ha combinate di peggio, ma non lo vuole ammettere. 
Sembra che tutto sia sistemato, invece ci avviciniamo al frangente più traumatico del live, il trauma infantile della morte di Mufasa. 
Io ero disperata perché non avrei più sentito la voce di Luca Ward. 😭 Non è spoiler, vero?🤔
Tutta colpa di Scar e delle sue nuove  amiche iene, le quali provocano la fuga delle mandria impazzita di manzi… no, aspetta sono gnu, di gnu, che inferociti si buttano come tori impazziti nello strapiombo e tra un po' schiacciano Simba come una scarafaggio che gironzola beato per la casa. Mufasa non ci pensa due volte a salvare la sua prole, ed ecco che Scar ne approfitta per levarselo dalle zampe e rubargli il trono delle rupe (?), facendolo volare nel dirupo e schiantare a terra. E uno ce lo siamo giocato. 
Lo zietto non ci mette molto a sputar veleno e incolpa il nipotino della sventura.
Da qui comincia l'esilio di Simba e l'incontro con i personaggi più simpatici e più golosi di insetti della Tv. Timon il suricata e Pumba il facocero scoreggione. Un toccasana per l’inconsolabile leoncino.
La loro filosofia è Hakuna Matata, ovvero Senza pensieri, in pratica la stessa filosofia dei politici italiani. Il classico massì, che ce frega. 
Ed ecco che ci ritroviamo un Simba adulto e un po' complessato, soprattutto all'incontro con la leonessa Nala, andata via dalla rupe per cercare l'eletto che riuscirà a spodestare Scar. Incoraggiato da Cupido - la freccia dell'amore non devia un tiro - e da Rafiki il babbuino, Simba decide infine di affrontare il suo destino e finalmente prendere il posto che gli spetta.



Il fatto che la trama Il re Leone sia identica al cartone, sia nello svolgimento e in gran parte nei dialoghi tra personaggi ha entusiasmato alcuni, altri no perché non ci trovano nulla di originale e questo li convince a prendere in considerazione neanche di andarlo a vedere. 
Voi cosa ne pensate? 
A me è piaciuto così com'è, l'unica nota dolente a cui mi appello è il doppiaggio di Simba e Nala adulti.
Senza nulla togliere a Mengoni ed Elisa, fanno anche bene il loro mestiere, ma è necessario affidare il doppiaggio a chi non lo è di professione, come per esempio il signor Ward? 
Si sente che ci sono delle mancanze nei toni, delle sfumature importanti da utilizzare.
Son sincera, se la sono pure cavata, è stato peggio il doppiaggio di Saphira di Ilaria D'Amico in Eragon: quello era devastante.
Mi farebbe piacere sapere il vostro parere.
Vi saluto, al prossimo film.






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|RECENSIONE| La malora - Beppe Fenoglio

novembre 29, 2019







Secondo libro di Fenoglio, "La malora" apparve nel 1954, due anni dopo il fulminante esordio dei "Ventitré giorni della città di Alba". Vi si racconta, con un tono ruvido che nulla concede alla retorica e al sentimento, la vicenda carica di destino del giovane Agostino che, morto il padre, va a servizio in un'altra cascina. Fenoglio conosceva bene la realtà umana delle colline di casa. Le vite elementari dei suoi personaggi, scandite dalla fatica e dal silenzio, dalla dignità e da speranze impossibili, sono come scolpite nella pietra di un linguaggio essenziale, e tuttavia profondamente partecipe che ha fatto dello scrittore albese uno dei "grandi" del Novecento.















‭"‬Pioveva su tutte le Langhe,‭ ‬lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra...Dio non fu mai con noi‭"‬.‭


"‬Pioggia battente,‭ ‬vita grama,‭ ‬destino,‭ ‬condanna e morte‭"‬.
Fenoglio manifesta con chiara evidenza,‭ ‬fin dalle scelte lessicali iniziali,‭ ‬la vita di dura miseria e di fame del protagonista,‭ ‬di suo padre,‭ ‬di sua madre e del fratello.‭ ‬In famiglia,‭ ‬a tavola,‭ ‬dopo giornate passate nei campi ed ad accudire il bestiame,‭ ‬a pranzo e a cena,‭ ‬in tavola sempre meno polenta,‭ ‬senza nient’altro che un po‭’ ‬di formaggio.
Neanche il Natale è più allietato da fichi secchi o da qualche mandarino.
Nonostante gli sforzi raddoppino,‭ ‬i soldi continuano a mancare e la povertà‭  ‬è sempre più evidente.
Alla fine rimane in tavola solo polenta,‭ ‬strofinata su di un’unica sardina per tutti,‭ ‬perché diventi più saporita.‭ ‬
Per sopravvivere rimane un’unica possibilità:‭ ‬mandare Agostino a servire sotto padrone‭; ‬l’altro figlio,‭ ‬Emilio,‭ ‬accetta di entrare in Seminario,‭ ‬in cambio della remissione di un debito contratto con un’anziana maestra,‭ ‬a cui rimangono pochi anni di vita.‭


‬Il lavoro,‭ ‬il‭ "‬mangiare‭"‬,‭ ‬il servire:‭ ‬nessuna speranza,‭ ‬nessun affetto,‭ ‬solo rabbia e rassegnazione,‭ ‬una servitù senza possibilità di riscatto.‭ 


"‬Mi sentivo nelle vene sangue d'altri che avevano già servito‭"‬.


Ma anche a servizio la fame continua come una condanna,‭ ‬la paga è misera e il vitto neppure sufficiente,‭ ‬se commisurato alla fatica quotidiana.‭ ‬Agostino‭ “‬aspettava che si addormentasse la pancia,‭ ‬perché potesse addormentarsi anche la testa‭”‬.‭ ‬
Lavoro,‭ ‬botte e cinghiate e la sera,‭ ‬stremati dalla stanchezza,‭ ‬arriva dal padrone l’ordine di cantare per manifestare serenità.
Agostino cerca l’affetto del fratello,‭ ‬lo va a trovare in Seminario,‭ ‬ma ogni volta lo vede sempre più malato e sofferente:‭ ‬anche lì i poveri patiscono fame e freddo,‭ ‬anche lì ci sono disuguaglianze e ingiustizie.‭


‬Siamo nel‭ ‬1954,‭ ‬in Piemonte,‭ ‬ma gli stenti e la fatica del giovane Agostino non sono così diversi dalla fatica del piccolo Malpelo di Verga,‭ ‬bambini e giovani sopraffatti dalla sofferenza,‭ ‬privati di tutto:‭ "‬ero solo una bestia da soma con lo svantaggio della parola‭"‬.‭ 
Uomini come bestie.‭


‬Non troviamo neppure l'idealizzazione mitica delle Langhe di Pavese né lo sguardo affettuoso e partecipe di Pasolini verso i suoi‭ "‬ragazzi di vita‭"‬.‭ ‬
Qui tutto è solitudine,‭ ‬freddo,‭ ‬neve,‭ ‬stenti,‭ ‬e ancora tanta fame.‭ 
‬Nessuno spirito di carità anima i contadini,‭ ‬mossi solo dalla legge del bisogno‭ (‬il pane,‭ ‬la‭ "‬roba‭" ‬di Verga‭)‬.‭
‬E l'attrattiva del fiume‭ "‬dove tanti della nostra razza si sono gettati a finirla‭"‬.‭ ‬
La morte come sollievo agognato,‭ ‬termine di tutte le sofferenze.


E in questo contesto qual è il ruolo delle donne‭? ‬Anch’esse sono animali da carico,‭ ‬da lavoro,‭ ‬da riproduzione.‭ ‬Nessuno riesce ad affrancarsi dalla logica della‭ “‬malora‭” ‬che fa affondare sempre più in basso.
Emilio riflette:‭ “‬Vidi dall’alto la nosta casa,‭ ‬giù verso Belbo,‭ ‬mi sembrò che portasse sul tetto tutto il peso del cielo‭”‬.‭


‬Proviamo quindi a leggere‭ “‬La malora‭”‬‬come il romanzo della povertà più nera,‭ ‬della miseria più grama,‭ ‬della fatica di sopravvivere:‭ ‬allora,‭ ‬in Italia,‭ ‬ora in qualunque Paese e in qualunque continente la necessità spezzi la dignità umana.‭
‬Ricordiamo che la nostra Storia di ieri è per tanti altri popoli la Storia di oggi.






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|REVIEW PARTY| Duro da amare: Agata - Anna Chillon

settembre 28, 2019












Giovane e incauta, mi avventurai nel bosco dove trovai una casetta con un uomo rozzo che disprezzava gli esseri umani e si comportava come se possedesse tutto il tempo del mondo.Mi cacciò senza usare una parola, eppure io lassù ci tornai mettendo a rischio più volte la mia vita. Per lui, per quell’enigma da risolvere.
Mentii, impugnai una pistola e sperimentai quel sesso che da scontro diviene un incontro. Scoprii anche che la sincerità può far male, ma è la sola strada per essere felici.
Me lo insegnò lui, maltrattandomi, salvandomi e sequestrando ogni mia cellula, mentre nodo dopo nodo mi permetteva di dipanare la matassa della sua folle esistenza.
Quante cose nascondeva quel silenzio?
Forse più di quante avrei potuto tollerare.
Certo più di quanto le parole avrebbero mai potuto esprimere.



















Con questo libro si conclude la trilogia “Pietre Preziose”, iniziata con Giada, proseguita con Ambra e conclusa con una nuova coppia: i protagonisti questa volta sono Agata, una giovane e perfetta ragazza, e Primo, un ex soldato rozzo e muto.

Agata è una ragazza benestante e l’attende un futuro servito su un piatto d'argento; ma è proprio questo il motivo per cui la sua vita è piatta e senza stimoli: è triste nell’animo. 
Fin da piccola il suo sogno era diventare una pittrice, ma i suoi genitori non approvano, perché con quel sogno non si vive. 
Quindi, a causa dei sui genitori, è stata costretta a studiare economia al fine di prendere poi il posto del padre in azienda. E in più suona il piano, lei che odia la musica. 
Una mattina come le altre, decide di prendersi una giornata tutta per sé, così si ritrova a fermarsi di fronte all'ingresso di un bosco desolato poco fuori Roma. 
Agata per la prima volta dopo tanto tempo si sente libera, passa ore a disegnare e perdendosi nei suoi pensieri. 
Ma un giorno si imbatte in un “orso”, un uomo gigantesco dalla folta barba lunga e capelli spettinati. 
Un uomo dal quale c’è solo da scappare. 
Lui farà di tutto per allontanarla, ma lei farà di tutto per rimanere. 
Lui vuole il silenzio, Agata non fa che parlare. 
Lui vuole il suo corpo, lei non aspetta altro che se lo prenda. 


“Mi parlò con il suo silenzio e con il suo rifiuto mi catturò.”


Agata è una ragazza testarda, fino all’incontro con il suo “orso”, ovvero Primo (il suo vero nome).
Primo vi catturerà con i suoi silenzi e saprà capire una giovane donna come mai nessuno prima aveva fatto. Insieme vivranno di passioni crude e impareranno a capirsi solo attraverso uno sguardo. 
Anna Chillon ci regala l’ultima favola moderna, fatta di emozioni e tensione. Amerete questi personaggi, ve lo posso assicurare. 
Con il suo stile semplice, ma che colpisce nel cuore, fuori dai soliti cliché, trasmette al lettore forti emozioni. 
Un libro inteso, destabilizzante e addirittura romantico.
Leggetelo per innamorarvi dell'orso e della sua preda.

















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Si ringrazia l'autrice per la copia digitale






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|REVIEW PARTY| lui che ama a modo suo: Ambra - Anna Chillon

settembre 21, 2019











Niccolò Aragona, artista chiacchierato, soprannominato dai media “Il Mannaro”, a causa dei soggetti dei suoi dipinti. Per quel che ne sapevo, d’indole dominante.
Cristiano Riva, stimatissimo medico e cliente abituale della caffetteria in cui lavoravo. Lo avrei definito anaffettivo.
Da uno dei due ricevetti una proposta di lavoro, dall’altro una proposta indecente.
Io volevo soltanto il denaro per fare il viaggio dei miei sogni, perciò, anche se un baratro di diversità mi separava dall’uomo che lo avrebbe reso possibile, accettai la sua offerta. Entrai nel suo mondo e giorno dopo giorno in quel baratro ci cascai a piedi pari. Fu lui a trascinarmici e fui io a dargli tutta me stessa senza sapere che ne avrebbe fatto.
Fino a quel giorno.
Fino a quelle parole.






















In questo nuovo romanzo l’autrice, Anna Chillon, ci parlerà di Ambra, Niccolò e di Cristiano. 
Una donna determinata, un uomo dominatore e un uomo che compra tutto con i soldi. 
Chi vincerà? 
Chi rimarrà ferito?


Ambra ha un sogno, quello di partire per l’Africa e di vedere un leone in carne ossa da vicino, ma per farlo le servono i soldi necessari.
Per tutte le sofferenze che purtroppo ha dovuto soffrire fin da piccola, Ambra è cresciuta troppo in fretta, ora è una ragazza matura, tosta e determinata, per questo qualsiasi secondo lavoro che le viene proposto vuole accettarlo. 
Niccolò Aragona è un famoso pittore, i suoi quadri sono conosciuti come “provocatori” soprattutto per quello che ritrae, ma in questo momento sta cercando una modella fuori dal comune, una ragazza vera che riesca a far trasparire le proprie emozioni. 
Cristiano Riva è un ortopedico: affascinate, arrogante e cinico, considera i soldi come il suo “lasciapassare” per tutto. 
In questo momento lui vuole Ambra.
Ma chi dei due pretendenti accetterà la ragazza? 
E, se durante quel periodo, trovasse improvvisamente l’amore...rinuncerebbe al suo sogno? 


“Non sempre quello che pensiamo di desiderare è quello che desideriamo davvero, eppure tutto è necessario a portarci precisamente dove serve.” 


Questa è una storia dove i sentimenti e la fiducia la fanno da padrone.
Due uomini e una giovane ragazza apriranno il loro cuore, ognuno con le loro tempistiche.
Amerete Ambra per la sua giovane età e spontaneità, e adorerete anche Niccolò.


Questo libro ha superato il romanzo precedente, ovvero “Giada. Un amore colpevole”: l’autrice anche questa volta ha colpito il cuore, in questo secondo libro ha superato ogni aspettativa e ha creato una storia unica.
Amore, amicizia, passione, perdono e famiglia in un unico straordinario romanzo. 
Consigliatissimo, non amerete altri che Niccolò!

















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Si ringrazia l'autrice per la copia digitale






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|RECENSIONE FILM| Dumbo - 2019

settembre 16, 2019








Nome film: Dumbo
Diretto da: James Ponsoldt
Anno: 2019


Principali interpreti: 

Colin Farrell
Danny DeVito
Eva Green














La storia dell'elefantino Dumbo, preso in giro per le sue grandi orecchie, che troverà il modo per riscattarsi e trovare la sua felicità.










Può contenere spoiler





Come potrebbe Dumbo, quell’adorabile elefantino dagli occhi color cielo del mattino e dalle orecchie sproporzionate, non intenerire il cuoricino degli spettatori? Appena il baby pachiderma entra nel campo visivo si attiva la modalità voglia di riempirlo di coccole e moine. 



Naturalmente tutti, o quasi, conosciamo la storia del piccolo elefante volante, avendo visto il cartone animato da bambini ma, mentre quello vedeva Dumbo come il protagonista assoluto della storia, nel live action spicca e si impone la figura umana che, nella versione animata, aveva un ruolo marginale e di comparsa - per esempio il topolino Timoteo viene sostituito da due bambini depressi -, creando una storia più articolata rispetto alla precedente e ne è venuto fuori un intreccio tutto nuovo, complice un pizzico di fiabesco e crudezza, con personaggi ben caratterizzati e che fila fino alla fine. 



Ci troviamo negli Usa, alla fine della prima guerra mondiale. Alle soglia degli anni '20, Holt (interpretato dall'affascinante Colin Farrel - detto "prezzemolino") ritorna nella compagnia circense I fratelli Medici, (che è provvisto di trenino sulle cui carrozze sono raffigurate tutte le specie animali che schiavizzano) con un braccio solo. Reduce di guerra, è intristito anche dalla morte della moglie con cui condivideva la passione per i cavalli: era equestre il loro numero vincente durante le esibizioni. 
Ad attendere l'arrivo di quest'uomo spezzato vi sono i due figli Milly (una bambina dallo sguardo depresso e un po' inespressivo, appassionata di esperimenti scientifici) e Joe (pure lui depresso ma con un velo di gioia in più rispetto alla sorella) e naturalmente il capo del circo Max Medici (Danny DeVito), un ometto tarchiato sniffa guadagni, che afferma di aver venduto i ronzini per un bisogno necessario di liquidità perché convinto che Holt non potrebbe riproporre i suoi famosi numeri da cavallerizzo con un braccio monco.



Ma per risollevare il morale di Holt, Max Medici gli assicura di avere una valida alternativa in serbo per lui: un'elefantessa incinta di nome Jumbo. 
Per ragioni più razionali e naturali, nel live action non abbiamo le cicogne che portano i cuccioli alle mammifere del circo, perciò i genitori dei piccoli spettatori dovranno spiegare come in effetti un elefantino viene al mondo. 
Consiglio di iniziare dalla storia dello stame e del pistillo ;)



Dunque, Holt accoglie la notizia in modo esilarante quanto approverebbe l'idea di un repentino arruolamento nell'esercito; al contrario i bambini tristi sono entusiasti, soprattutto alla nascita del baby elefante. L'odore di soldi per il nuovo arrivo manda in visibilio il padrone del circo, finché non si ritrova davanti un esserino timido tutto orecchie. 
"Un mostro buono solo da infagottare come un clown", viene definita la creatura appena affacciatasi a quella vita di sfruttamento. 
Tutti gli altri artisti circensi trovano il piccolo un po' buffo, ma gli riservano sguardi pietosi e di affetto, pronti a coccolarlo nonostante quell’evidente difetto. 
Ha parlato la donna cannone che si veste da sirena.
Ed è qui che udiamo la celebre canzone:
Bimbo mio vieni quiii. Noo non piangeree cosìì...


Ma siete ciechi?? È carinissimo. 
La versione bebè nel passeggino è micidiale per quanto è adorabile.  


Dumbo, inizialmente chiamato Jumbo come la madre, muove le prime zampe in un mondo tutt'altro che roseo e premuroso, deriso da ignoranti bambocci sparsi sulle tribune, infine strappato dalla sua figura materna a causa di un brutto incidente fomentato dalla stupidità umana. 
Rimasto solo, nella sua triste tenda, Dumbo, depresso, viene importunato dai bambini depressi Milly e Joe, i quali cercano in tutti i modi di tirare su il morale al piccoletto ed è grazie alle loro delicate attenzioni che si scopre il talento scioccante dell’adorabile elefantino: basta una piuma stretta nella proboscide e Dumbo vola come un aeroplano sfruttando le sue orecchie come delle ali. Tant'è che le prospettive di tutti cambiano radicalmente: i bambini hanno trovato uno scopo e Max Medici vede montagne di dollari piombargli sul cilindro, difatti la performance volante dell’elefantino è un successone, tanto da attirare l’attenzione di un certo imprenditore del settore, il ricco sfondato signor Vanverde (Michael Keaton), che dichiara di voler assumere gli artisti del circo Medici al completo - suppur Max non ne sia molto entusiasta. Ed ecco che la truppa di circensi viene trasferita nel gigantesco parco divertimenti di Vanverde, completo di palazzo extralusso in stile indiano in cui alloggiare. Persino Milly osserva il luogo con ammirazione, incantata dagli stand sulle scienza e i primi cinematografi. 
L’impresario - classica faccia melliflua, più falso di una pianta finta comprata dai cinesi - costringe la sua protetta Colette (Eva Green), una trapezista esperta, a preparare un numero eclatante che la vede sul dorso di Dumbo, in aria.
Diciamoci la verità, lei nemmeno ci credeva a un Dumbo volante, perciò all'inizio era convinta di farsi due risate. Appena le viene mostrata la verità, Colette fa una smorfia da “Col cavolo che ci salgo sopra”. Ma ad aiutarla nella preparazione ci sono Holt (con del prevedibile tenero tra loro) e i figli non più depressi. 
Il successo è assicurato ma, alla prima esibizione, le cose non vanno bene come tutti si aspettavano. 
Non voglio raccontare oltre, lasciamo un briciolo di non detto per chi non l'ha ancora guardato.



Se vi interessa il mio parere, per me è uno dei live action più riusciti insieme al Re Leone (qui la recensione), sebbene l'intreccio differisca in alcuni punti dalla storia originale ma che comunque ne mantiene lo spirito: tra le altre, è stata carina anche la scena in cui Dumbo vede gli elefanti tra le bolle di sapone.



Per molti Tim Burton è una garanzia e su questo film in particolare mi trovo d'accordo, più un cast certo degno di una pellicola di successo. 
Anche se io adoro Eva Green, è una delle mie attrici preferite, quindi mi sento molto di parte.

Mi piacerebbe sapere il vostro parere e vi do appuntamento con i prossimi film in carrello.








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