dopo di te

|RECENSIONE| Dopo di te - Jojo Moyes

agosto 14, 2017












Copertina del libro
Dopo la morte di Will, Louisa Clark si sente persa, svuotata.
È passato un anno e mezzo ormai, e Lou non è più quella di prima.
I sei mesi intensi trascorsi con Will l'hanno completamente trasformata, ma ora è come se fosse tornata al punto di partenza e lei si sente di dover dare una nuova svolta alla sua vita.
A ventinove anni si ritrova quasi per caso a lavorare nello squallido bar di un aeroporto di Londra in cui guarda sconsolata il viavai della gente.
Vive in un appartamento anonimo dove non le piace stare e recupera il rapporto con la sua famiglia senza avere delle reali prospettive.
Soprattutto si domanda ogni giorno se riuscirà mai a superare il dolore che la soffoca.
Ma tutto sta per cambiare.
Quando una sera una persona sconosciuta si presenta sulla soglia di casa, Lou deve prendere in fretta una decisione.
Se chiude la porta, la sua vita continuerà così com'è: semplice ordinaria, rassegnata.
Ma se lei ha promesso a sé stessa ed a Will di vivere, e se vuole mantenere la promessa, deve lasciar entrare ciò che è nuovo.













Sono sempre stata convinta che l'Opera Omnia di uno scrittore sia solo una.
Infatti qui ci troviamo ad un calo vertiginoso di idee, un tanto atteso seguito che risulta penoso e che ad ogni pagina peggiora sempre di più, sempre di più...fino a sfociare in un libro pieno di cliché, descrizioni atte solo ad allungare la straziante durata del libro, dialoghi talvolta più che imbarazzanti, incidenti gravissimi da cui tutti riescono a guarire in poco tempo e cose messe a caso.
Volutamente non parlerò dello stile frettoloso, con poco rispetto delle regole base della scrittura e dei tempi verbali, ma sembra sul serio che questo libro lo abbia scritto una ragazzina di dodici anni (con rispetto per le ragazzine di dodici anni che, indubbiamente, sanno scrivere meglio) pestando a caso i tasti sulla tastiera e producendo una fan fiction di bassa lega di “Io prima di te”.

L'unica cosa che ho apprezzato è stata l'onestà nei ringraziamenti alla fine del libro: i lettori di tutto il mondo hanno chiesto alla Moyes, pregandola in ginocchio con messaggi privati e petizioni, di sapere Lou che fine avesse fatto.
E gli editori l'hanno perseguitata, evidentemente, vedendoci soldi facili.
Così la Moyes ha ridato vita a Lou, ma non l'originale, divertente, sfrontata e tutta calze a righe gialle e nere Ape Maya Style abbinate a vestitini di paillettes verdi vintage e ballerine dai colori improponibili, ma ad una fotocopia sbiadita e monotona fatta di anonimi jeans e magliette che si trovano dai cinesi.
In sostanza: ha scritto un libro dalla trama rosa qualunque – il suo solito genere – ed ha cambiato i nomi con quelli dei personaggi del libro precedente, ovvero le regole base – repetita iuvant – della costruzione di una fan fiction.

La nostra amica Clark aveva promesso a Will che avrebbe vissuto la sua vita, così ha comprato appartamento e mobilia a Londra dopo aver fatto il giro del mondo, sperperando tutti i soldi del lascito (ricordiamo che Will le aveva detto chiaramente che doveva riprendere a studiare moda, e i soldi servivano a quello e per farla vivere serenamente). Oggi la ritroviamo che lavora come cameriera infelice in aeroporto, perché le vecchie abitudini sono vecchie a morire e se sei un'ereditiera che non sa gestire i soldi alla fine finisci così.
Beve vino, tanto, cammina sul cornicione della terrazza...
Insomma cosa mai può capitarti, se non cadere da cinque piani per colpa di una voce femminile sconosciuta che ti ricorda che non dovresti stare lassù?
Ovviamente cade, ma mica muore come tutti i comuni mortali, no: grazie al tendone aperto – di notte – ed una “sdraio costosa di vimini” del vicino di casa (cito, poiché non ho parole in merito), atterra sul morbido, quindi viene soccorsa dal paramedico (che più avanti ritornerà con furore nella narrazione) e si salva con qualche lieve danno, cosa di poco se si conta che solo dopo due mesi da costole e clavicola incrinati e dalle due operazioni all'anca, Lou è di nuovo a lavoro, sempre in piedi e sempre presente (perché ha un capo odioso che le ha pure rinfacciato di essersi presa due mesi di malattia e non può perdere questo lavoro così soddisfacente!) e, strano a dirsi, senza fare fisioterapia.

Louisa Clark: la nuova miracolata.

Come se non bastasse, i suoi genitori, credendola una suicida per la disperazione di aver perso Will, la iscrivono al gruppo di sostegno “Guardare avanti” e sarò sincera: a parte i primi incontri e sporadici interventi sensati, sono tutte battute alla tipo “I biscotti sono immangiabili, il caffè fa schifo” e continui punzecchiamenti tra i partecipanti che poi, alla lunga, stancano.
Quello che stanca di più, però, è come un personaggio chiave come Lily – la proprietaria della voce sconosciuta che Lou sente prima di cadere – sia stato introdotto a forza, con una storia fin troppo pesante (che potrebbe capitare, certo, ma l'esagerazione di voler colpire l’immaginario del lettore a tutti i costi non ha limiti), genitori volutamente assenti e ricchezza a palate.
Salto per il vostro bene la storia smielata tra Lou ed il paramedico Sam (l’unico uomo che flirta al citofono), i continui riferimenti ad ogni tre parole al libro precedente e la lite grottesca che vede protagonisti i genitori di Clark (ceretta inguinale del padre compresa).

Quando si perde qualcuno per suicidio il dolore è straziante, ti chiedi sempre il perché di un gesto simile.
Ma come ho scritto precedentemente nella recensione di “Io prima di te” (clicca qui per leggerla), Will ne aveva tanti, di perché.
Allora mi chiedo per quale motivo Lou abbia deciso volontariamente di non vivere, di non andare in cura da uno psicologo per superare il trauma.
Insomma, parliamoci chiaro: guarisce solo chi vuole guarire, e la nuova versione di lei mi suggerisce che la maturità acquistata nel primo libro era solo apparenza.
Se i motivi che hanno portato al suicidio assistito sono chiari, non ha senso rivangare il passato: vai avanti Clark, era quello che Will desiderava per te.

A differenza del precedente capitolo, molto curato e molto esplicativo sul mondo dei tetraplegici, questo libro è patetico, raffazzonato, superficiale e senza un nesso logico: Lou decide di guardare avanti all'improvviso e solo verso gli ultimi capitoli come se fosse avvenuto un miracolo (bis), senza esplorare il mondo della depressione post-suicidio di chi si ama.
Avrei preferito che tutte le pagine fossero permeate di delusione, depressione, infelicità e, solo alla fine, di una rinascita, della rinnovata voglia di vivere e trovare un nuovo amore, invece il lettore non fa altro che esclamare, pagina dopo pagina: “Lou, sei un'emerita deficiente!”.

Molti condonano questa insufficienza di empatia che la Moyes fa provare al lettore nei confronti di Clark (complice anche un rifiuto di un lavoro ben retribuito e con tutti i santi crismi per ritornare a fare la cameriera nello squallido bar che detesta, pregando quasi in ginocchio il capo che odia – sarò ancora più sincera di prima, ma a questo punto ho avuto voglia di abbandonare sul serio la lettura) solo perché è da intendersi come “libro a se stante”, quindi goderselo così com'è se senza recriminazioni.
E no, amici miei: se stampate sulla copertina “il tanto atteso seguito di Io prima di te” quasi più grande del titolo stesso (in proporzione alla grandezza del carattere si può intuire quanto scadente sia il prodotto) …non è un libro come un altro.
È un dannatissimo seguito.
Scritto solo per fare soldi e per accontentare i lettori di tutto il mondo che si sono mobilitati per farsi scrivere a comando la degna conclusione per un libro tanto amato.

Che poi, vista e considerata la qualità, forse era meglio lasciare Lou seduta al tavolino di Parigi con la lettera di Will in mano, con lo sguardo rivolto verso un futuro incerto, senza l'uomo che ama ma comunque con la speranza di sopravvivere a questo enorme dolore.














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Film - Confessioni di una critica cinematografica

|RECENSIONE SERIE TV| Tredici - 13 Reasons Why (2017- )

agosto 08, 2017










Titolo originale: 13 Reasons Why (TH1RTEEN R3ASONS WHY)
Anno: 2017 – in produzione

Genere: Teen Drama


Principali interpreti:
Dylan Minnette
Katherine Langford
Kate Walsh

















Il liceo locale di un classico sobborgo americano è sconvolto dal recente suicidio della studentessa del terzo anno Hannah Baker. Qualche giorno dopo, un suo compagno di classe ed amico, Clay Jensen, trova una scatola contenente sette nastri in cui sono raccolte tredici registrazioni fatte proprio da Hannah, in cui spiega i tredici motivi che l'hanno spinta a togliersi la vita; chi riceve quelle cassette è proprio uno dei motivi.
Tormentato, il ragazzo inizia ad ascoltare le registrazioni per capire che ruolo ha avuto in quel tragico gesto. Scoprirà che Hannah è stata vittima di voci malevole, bullismo ed anche violenze da parte dei compagni, e che molti di questi ultimi, dietro le apparenze, nascondono dei segreti anche terribili.

Durante l'ascolto, Clay verrà ostacolato dagli altri destinatati delle cassette, che vogliono impedirgli di far trapelare le verità conosciute da Hannah.  

















Nonostante il romanzo di Jay Asher (di cui faremo una recensione prossimamente) sia uscito nel 2007 in patria e l'anno successivo in Italia, è solo con la recentissima serie tv dal titolo omonimo, prodotta e distribuita dalla piattaforma on demand Netflix, che entrambi stanno imponendosi al grande pubblico di tutto il mondo. Il perchè è presto detto: parlano con realismo e senza filtri di quasi tutti i temi tabù delle varie generazioni.

Bullismo e cyberbullismo, diffamazione, molestie e violenze sessuali, depressione, genitori assenti..nelle serie tv e nei film attuali non se ne parla mai o, comunque, in modo molto edulcorato, in modo da non traumatizzare lo spettatore, spesso inseriti nella storia in modo funzionale alla riuscita professionale del protagonista, come ad una sorta di “vendetta” su chi lo ha ostacolato in passato. Il tutto, comunque, senza soffermarsi troppo sui soprusi subiti da ragazzini, ma come una sorta di flashback che, a volte, tende anche a giustificare le azioni dell'antagonista.

In questa serie, invece, non c'è sconto, non c'è divertimento, nessuno ti prende per mano e ti conduce verso la luce: Hannah Baker si è suicidata. Ha compiuto un atto estremo, terribile.
E non lo ha fatto per ottenere visibilità.
Lo ha fatto per disperazione, perchè anche lo psicologo che avrebbe dovuto aiutarla le ha suggerito di andare avanti e dimenticare i soprusi, le cattiverie e le violenze.

E' un teen drama che distrugge, fa capire cosa significa essere rimasti soli, e fa capire cosa significa essere dei superstiti alle morti di un suicida.
Tutto il mondo che avevi creato, all'improvviso ti cade addosso e ti ritrovi a dover mettere insieme i pezzi.
Allora vediamo Olivia Baker, la madre di Hannah, che non si rassegna alla perdita prematura della figlia, convinta che non ci sia solo la voglia di mettersi in mostra, come suggerisce la scuola, ma qualcosa di terribile che l'ha spinta a commettere un gesto tanto atroce.
Vediamo Clay Jensen, da sempre silente innamorato di Hannah, che cerca di andare avanti come può, ascoltando le cassette e lottando contro il senso di colpa che lo attanaglia per non aver fatto di più e continuamente pressato dagli “e se..”.
Entriamo con lui in una scuola piena di ragazzi complessati, che pur con un “semplice” silenzio, hanno contribuito alla morte di una ragazza di sedici anni.



I Protagonisti della serie


La cosa bella della serie è che non c'è un solo cattivo su cui scagliarsi, ma ci sono persone ritratte nella loro umana imperfezione, che hanno famiglie sballate, che sbagliano e vogliono sbagliare per non far scoprire i loro segreti.
E, dall'altro lato, ci sono i genitori.
Troppo concentrati su se stessi, sulla propria vita e sul proprio tablet da non accorgersi che i figli sono soli e disperati.
Che alla domanda << Come stai? >> si accontentano della risposta << Bene. >> senza approfondire.
Ma il dramma per eccellenza si consuma a scuola, là dove gli adolescenti passano gran parte della vita, per apprendere come stare al mondo. Dove i professori lanciano campagne di sensibilizzazione alla “Non sei solo, il suicidio non è un'opzione!” solo dopo che una ragazzina si è tolta la vita, per pulirsi la coscienza e convincersi di aver fatto la cosa giusta. Proprio loro che, in molti casi, sminuiscono ed offendono gli alunni bullizzandoli alla stregua dei coetanei, minando la loro autostima con insulti e ridicolizzando i ragazzi, solo perchè hanno “il coltello dalla parte del manico” ed usano le minacce per farsi valere ed incutere timore (perchè sanno che, in fondo, non meritano nulla, nemmeno l'appellativo di “educatore”).

Tredici è una serie che tocca nel profondo ognuno di noi, in quanto tutti siamo stati adolescenti, e tutti, chi più chi meno, abbiamo sopportato in silenzio i soprusi che compagni e professori hanno perpetuato nei nostri confronti.
Ma è una serie che invita a reagire, perchè apre gli occhi e fa svegliare: c'è chi sopravvive, ma Hannah Baker non era forte quanto dava a vedere.

E' una delle poche serie che ti insegnano a crescere dentro, che chiariscono che se sei una ragazza nessuno dà in automatico il diritto agli altri di palparti, fare allusioni, stuprarti. Che il tuo no è un NO, e chi non rispetta il tuo diritto di rifiuto deve pagare le conseguenze. Che se sei omosessuale ciò non ti rende migliore o peggiore di un etero, ma sei solo una meravigliosa persona che ha tanto da dire e da fare, senza dover per forza aver cucita un'etichetta diffamatrice addosso per l'eternità e dover avere paura di quello che pensa la gente. Ma, sopratutto, che essere bullizzati non da il diritto di bullizzare un'altra persona solo perchè credi che questo sia la tua unica via d'uscita da quel mondo che tanto detesti..

In definitiva, Tredici fa riflettere molto chi è stato vittima di bullismo, chi ha pensato di farla finita per il silenzio dei professori e dei loro occhi volontariamente chiusi, e chi ha perso una persona amata per suicidio.
Per tutti gli altri, ovvero i bulli, i professori che si trincerano dietro uno sguardo rivolto altrove per non vedere, chi non ha mai avuto lutti del genere e tutti quei genitori assenti che si preoccupano per i figli ma non glielo dicono o dimostrano, mi auguro che li faccia svegliare.
Che faccia capire che anche un “sei una palla di lardo” detto scherzosamente condizionerà a vita il soggetto bullizzato. Che ogni “Provvederemo domani” dei professori sia davvero domani e non chissà in quale secolo. Che ad ogni “Bene” secco e schivo, i genitori prendano da parte la prole e gli sappiano concedere quel minuto del loro tempo così prezioso che, un giorno, gli servirà per poter dire di essere stati dei buoni genitori e non rimpiangere il tempo speso a guardare le mail sul telefonino.

Il messaggio chiaro della serie tv è che ogni nostra azione può avere delle gravi ripercussioni sia su noi stessi che sugli altri.

Perchè Hannah Baker può essere chiunque.
Tutti noi potremmo essere i “tredici motivi”.

Ed un giorno potremmo pentirci di non aver fatto il possibile per salvarla.







VOTO SERIE TV COMPLESSIVO









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Film - Confessioni di una critica cinematografica

|RECENSIONE FILM| The Ticket - 2017

agosto 07, 2017









Nome film: The Ticket
Diretto da: Ido Fluk
Anno: 2016
Data di uscita nelle sale: 7 Aprile 2017 (USA) – ? (IT)

Principali interpreti: 
Dan Stevens, 
Malin Akerman, 
Oliver Platt, 
Kerry Bishè
















Dopo che James, un non vedente, riacquista la vista, si ritrova ossessionato dall'idea di avere il meglio dalla vita.
Tuttavia, questo obiettivo di migliorarsi ad ogni costo (che includerà una casa più bella, un lavoro pagato benissimo, abiti su misura ed auto di lusso), lascia poco spazio per le persone che facevano parte della sua vecchia e più semplice vita: la moglie e l'amico Bob.
Quando i suoi rapporti personali vengono minati dalla sua sfrenata ambizione, nessuno sa se James potrebbe far ritorno all'oscurità da cui è rinato..













“Un uomo prega Dio per 50 anni. La stessa preghiera ogni sera. << Dio, per piacere, fammi vincere la lotteria >>. Anno dopo anno, dopo anno, dopo anno. << Ti prego Dio, fammi vincere la lotteria >>. Alla fine, un angelo andò da Dio e disse: << Dio, questo uomo ti ha pregato per tanto tempo. Perchè non lo fai vincere? >>. E Dio disse: << Mi sarebbe piaciuto poterlo aiutare, mi sarebbe davvero piaciuto. Ma lui non ha mai comprato un solo biglietto della lotteria. >>”

Il film si apre e si chiude con questa storia narrata dal protagonista e fungerà spesso da espediente per molte azioni che commetterà e diventerà quasi un mantra per l'auto-giustificazione.

The ticket – il biglietto – è il vero protagonista.

Il biglietto della vista, quello del lavoro, quello dell'amore, dell'amicizia e della vita dignitosa in generale.

James , il “protagonista”, è un cieco che torna inspiegabilmente a vedere e, improvvisamente insoddisfatto della modesta vita che ha condotto fino a quel momento, comincia a commettere una serie di errori che lo porteranno ad una lenta autodistruzione.
Lui il biglietto non lo ha comprato, lo ha solo ricevuto in regalo.
Ma non ha saputo farne tesoro, coltivando gli affetti ed il misero lavoro che aveva..
Ha voluto strafare, perchè la vista gli ha permesso di vedere quanto, secondo lui, era caduto in basso.
E per inseguire un'ideale di astratta perfezione, ha perso man mano le fondamenta della sua vita.

Mi è molto piaciuta l'interpretazione di Dan Stevens (“Downton abbey”, “La bella e la bestia”) che ha reso James molto umano nelle sue debolezze. Anche Malin Akerman (“Watchman”, “Ricatto d'amore”), di solito impegnata in commedie, ha reso bene la parte della moglie di James, trascurata e pensierosa nella prima parte, curata e con la voglia di lasciarsi indietro il passato nella seconda. Anche Oliver Platt (“Linea mortale”, “L'uomo bicentenario”) , che interpreta l'amico cieco Bob, è da elogiare.
Ma c'è qualcosa che non ho molto tollerato: la lentezza esasperante.
Se non fosse stato un film pieno di valori, di “schiaffi morali” e che fa riflettere, seguirlo sarebbe stato un po' difficile, data la regia statica, monotona e lunghi silenzi che potevano benissimo starci se accompagnati da quel dinamismo che difetta nel film.

Nonostante tutto lo consiglio vivamente, in quanto è uno dei film più belli che abbia mai visto in quanto a morale, proprio per gli ultimi dieci, strazianti, minuti e la chiusura emblematica sulla vita di quest'uomo che ha capito troppo tardi che non c'è nessuno più cieco di chi non vuole vedere.





VOTO FILM COMPLESSIVO









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|RECENSIONE| Io prima di te - Jojo Moyes

agosto 05, 2017








Copertina del libro

A 26 anni, Louisa Clark sa molte cose.
Sa esattamente quanti passi ci sono tra la fermata dell'autobus e casa sua.
Sa che le piace fare la cameriera in un locale senza troppe pretese situato nella piccola località turistica dove è nata e da cui non si è mai mossa e, probabilmente, nel profondo del suo cuore, sa anche di non essere davvero innamorata di Patrick, il ragazzo con cui è fidanzata da quasi sette anni. 
Quello che invece ignora è che sta per perdere il lavoro e che, per la prima volta, tutte le sue certezze saranno messe in discussione.








Partiamo da una doverosa precisazione: non è una storia d'amore nel senso semplicistico del termine.
Quando si prende un libro del genere è quasi un delitto pensare che vi sia solo il lato “ti amo, XOXO, Baci & Abbracci” in quanto è tutto il contrario.
E' un libro che segna, che apre la mente sul mondo dei tetraplegici e dell'inferno che vivono giornalmente. Uno dei pochi libri in grado di ampliare gli orizzonti e, forse, far crescere emotivamente il cuore di ognuno di noi.





La vera storia d'amore è quella che si prova verso la vita.
Un amore che dura per tutti i giorni che respiriamo su questa terra.
Lo sa Lou, lo sa Will.

Will Traynor è bello, è uno spietato uomo d'affari, è ricco, ha una bella donna e ha tutto quello che una persona possa desiderare. Ma un giorno tutto questo gli viene strappato a causa di un incidente: un motociclista lo investe in un giorno di pioggia, così si ritrova in un attimo tetraplegico e sulla sedia a rotelle.
Louisa Clark – per gli amici Lou – è bizzarra, nei suoi vestiti vintage multicolor, chiacchierona e piena di vita. Tutte le sue certezze crollano quando perde il lavoro, unica fonte di sostentamento per l'intera famiglia (padre, madre, sorella, nipotino e nonno) e il suo fidanzato, un personal trainer fissato con la perfetta forma fisica. I parenti cominciano a farle pesare la cosa, a tratti additandola come una fallita. La sua unica speranza di riscatto è l'ultimo annuncio arrivato all'ufficio di collocamento: i Traynor cercano una badante per un disabile per soli sei mesi, ad una paga ottima.
Inspiegabilmente viene assunta, nonostante non abbia esperienza in merito, ed è a questo punto che Will e Lou si incontrano, dando vita a siparietti divertenti, battutine sarcastiche e continui sproni. Ma c'è qualcosa che lui non le dice: finiti i sei mesi che lui ha concesso ai genitori andrà alla Dignitas per il suicidio assistito.
Lou, allora, venutolo a sapere comincia a darsi da fare per fargli cambiare idea: si consulta con la sorella “cervellona”, Treena, comincia a fare programmi, lo spinge ad uscire e organizza una vacanza. Il tutto inframmezzato con le continue crisi di Will, le varie visite mediche e le corse in ospedale per le polmoniti. 
E non sa che, alla fine dei sei mesi, non solo si ritroverà innamorata di lui, ma profondamente mutata nel profondo.





In questo romanzo viene descritto lucidamente il tormento di un tetraplegico. E' uno di quei libri che distrugge l'animo, in quanto chi non è nelle medesime situazioni non può capire.
Il tema dell'eutanasia è affrontato con garbo, con uno stile limpido e chiaro, senza giudizi ed opinioni.
E' un semplice dato di fatto.
Qui mi ricollego al discorso iniziale sulla storia d'amore: per quanto Will sia innamorato di Lou è chiaro che l'amore per questa donna non sia abbastanza da fargli cambiare idea. Perché lui è un uomo vitale, imprigionato in un corpo che lo sta uccidendo tra atroci sofferenze e dolori continui. E, paradossalmente, è proprio l'amore per la vita e per Lou la causa scatenante che lo convince ad aver fatto la scelta giusta di andare alla Dignitas: per lasciarla vivere una vita piena che lui non avrà mai più.
Ho letto in giro che Will è stato egoista, pensando solo a se stesso, ma il passaggio chiave, quello che mi ha fatto comprendere appieno questo gesto da molti criticato, è stato quando la madre di Will, Camilla, spiega a Lou che il ragazzo aveva trovato un unico chiodo sporgente in mezzo ai mobili, e con la carrozzina, imperterrito, aveva sfregato il suo polso avanti e indietro per tagliarsi le vene. 
Ci vuole determinazione per fare una cosa simile, e si può trovare in fondo alla disperazione cieca e sorda della paralisi e delle continue malattie da minimi sbalzi termici, dall'abbandono e dalla totale solitudine che questa situazione porta. Per questo mi sono commossa solo alla fine quando, seduta su un tavolino a Parigi, Lou legge la lettera di Will.
Era prevedibile, scontata quella fine.
Ha smesso di soffrire, regalando la libertà e la vita a chi lo ha amato davvero.




Ma cosa avrà fatto Lou, dopo di lui?
Lo scopriremo nella recensione del libro "Dopo di te" (clicca qui per leggerla)




Recensione a cura di:





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Come fare a

COME FARE A..sopravvivere alla consegna dei curriculum #1

settembre 11, 2013




Cari amici, eccomi ritornata con una nuova rubrica! Si chiama “COME FARE A..” e spiegherò, alla mia maniera, come superare alcuni problemucci di vita quotidiana.

In questa prima, emozionante, puntata spiegherò..



COME FARE A..sopravvivere alla consegna dei curriculum


Il mercato del lavoro, come tutti i generi di mercati, funziona con la legge della “DOMANDA/OFFERTA”.
Di questa legge ne sentiamo parlare in continuazione.


Ma cos'è? Vediamolo in dettaglio con un esempio pratico.

Come lo spiegherebbero i vecchi prof ottantenni dello stato italiano che bocciano e promuovono a simpatia?
La domanda è flessibile, l'offerta è statica.

Esempio: un bambino viziato.

Domanda:
Poniamo in essere che vi sia un bambino viziato che vuole il nuovo cazz-phone quando ha già lo smartphone, il mela-phone ed anche un tablet-cazz-mela-phone. E lo vuole ADESSO!
Offerta:
Le risposte possono essere tre: o lo mandano a quel (bel)paese, spiegandogli che soldi per futilità non ne vogliono spendere più; nel secondo caso cedono, dicendo << Però questo è l'ultimo.. >> o nel terzo ed ultimo caso, si mettono a contrattare: << Te lo compro ma poi fai questo e quello..>>.

L'offerta è rigida, statica, perchè è vincolata ad alcuni fattori prettamente materialistici: o si può o non si può.
La domanda, invece, può cambiare: se vi è la trattazione, allora il ragazzino può rifiutare o può accettare.
Ma tutto ruota attorno all'offerta.

Secondo i principi economici, le caratteristiche dell'offerta influenzano prezzi e tipi di mercato per la vendita di un determinato bene.
Esse derivano perlopiù dal costo della produzione, dal cambio giornaliero (eh, già..) e, sopratutto dalle politiche governative (non stiamo parlando di “inettitudine” dei nostri politicanti, in questo momento si analizzano solo i costi prettamente derivati dalle import/export, cioè i dazi doganali e tutte quelle tasse che fanno aumentare il costo – o prezzo finale – del bene).
Ovviamente, la domanda (che varia sempre per quei famosi bigliettoni verdi – no bigliettoni verdi, no party – e per i problemi che girano intorno alle guerre & co.) è molto flessibile: cambia esattamente come il cambio giornaliero e gli indici di borsa (sia fatto santo chi ci sa giocare!).

Adesso, dopo tutta questa bellissima spiegazione sulla domanda e sull'offerta, che era doverosa ai fini esplicativi delle mie vicende qui giù narrate, comprenderete meglio l'allegria della nostra attuale “DOMANDA/OFFERTA” lavorativa.

Punto primo: siamo nei guai.
Punto secondo: siamo in guai seri.
Punto terzo: siamo. Forse. Boh. Che ne so?

L'attuale politica dei giovani è questa: “Domani è un altro giorno/ ci penserò domani”.
La citazione a Rhett e Rossella del celeberrimo, quanto lunghissimo, “Via col vento” era d'obbligo.

Nel mio caso, la citazione è azzeccata solo in parte: mentre i trentenni bamboccioni (mamma mia non sapete quanti ne conosco! Ecco una perla (ai porci) di saggezza di uno di loro, 32 anni: << Per me lo stato di disoccupazione non è un dramma..anzi ho tanto tempo libero, faccio viaggi, mi diverto.. >> - il dramma è che l'ho sentito io con le mie orecchie!) si divertono e fanno la politica del “Domani è un altro giorno/ ci penserò domani” perchè non hanno la minima voglia di andare a lavorare, io invece sfrutto “la mia libertà forzata” per cercare lavoro.

Ed ecco la mia preziosissima guida di consigli per presentarsi al meglio e “provare” a trovare un lavoro.

  1. Vestiti sportivo/elegante: vale sia per maschietti e femminucce. Non c'è bisogno di andare scollacciate e non vestitevi con il tailleur! Maschietti..voi vestitevi con le camicie a tinte neutre (assolutamente no ai colori fluo..) Prediligete il casual. No alle gonne, ragazze, sempre pantaloni, preferibilmente neri.
  2. I capelli devono essere puliti (non mi uccidete ma ne ho viste di tutti i colori ai colloqui!), in base alla vostra forma del viso lasciateli sciolti o raccolti. Assolutamente no alle acconciature anni 50! No toupè, cortesemente! Per quanto mi riguarda lascio sempre i capelli sciolti, sono lunghi ed ho i boccoli.
  3. Truccati in modo sobrio ma deciso: ho visto tante ragazze truccarsi come le “signorine” che bazzicano nelle autostrade. Mi raccomando, non eccedete in blush ed ombretti, grazie!
  4. Portate sempre, e dico SEMPRE, il curriculum di persona: se lo inviate via mail lo cestinano, se lo imbucate per posta lo cestinano. Se lo portate di persona, magari avete una chance di fare un breve colloquio con l'ipotetico datore di lavoro.
  5. Rispondete sinceramente alle domande: se è il vostro primo lavoro ditelo. Se se ne accorgono in corso d'opera non esiteranno a mandarvi via.
  6. Siate gentili, cortesi e sorridenti: il vostro mantra sarà “NON HO BISOGNO DI LAVORARE, STO BENE ECONOMICAMENTE, CERCO LAVORO PER SPORT”. Funziona, l'ho testato io stessa. Anche se state morendo letteralmente dalla fame, anche se avete una famiglia intera da mantenere e non sapete come fare, voi STATE BENE.
  7. Se vi rispondono male già al citofono, non ve la prendete: quelli che non hanno mai dovuto fare come noi ci sono, e sono la minoranza, fortunatamente.
  8. Se vi dicono che non c'è nessuno, consegnate il cv alla segretaria. E poi ci ritornate dopo un mesetto per riportarlo (le segretarie sono cattivelle, a volte..)
  9. Se vi dicono di lasciare il cv in portineria o nella buca..NO! Non lasciateli mai. Non sono seri e non vi vogliono.
  10. Se, dopo i primi cv inviati non siete stati chiamati, ripetetevi mentalmente il secondo mantra: “Domani è un altro giorno/ ci penserò domani”- non abbattetevi, rispolverate le liste di quelli “decenti” e che non vi hanno buttato fuori a calci e ricominciate.













Se avete paura di fare capolino negli studi altrui, vi dico già di togliervi dalla testa questi pensieri: un cv presentato brevi manu è sempre una cosa che, quello dall'altra parte (a meno che non sia un cretino) apprezzerà sicuramente.

Adesso vi racconto alcune mie esperienze.
Sono una ragioniera, senza raccomandazioni (eheh) e cerco lavoro.
Tra i vari studi associati in cui mi sono presentata, mi sono fatta un elenco di “tipi di elementi guasti” (alias commercialisti che non hanno mai faticato a trovarsi una sistemazione)..

  1. Il finto prete: il commercialista deficiente per antonomasia. Crede che seminando lo studio di immagini sacre, crocifissi e gigantografie del papa, misteriosi segnalibri con frasi tratte dalla bibbia ed andando a messa tutte le settimane sia un uomo di fede. Peccato poi che fa di tutto per screditare i colleghi, insulta le persone che chiedono un lavoro (<< Che ci fa lei qui? >> dice schifato - << Forse cerco un lavoro?? >> rispondo altrettanto schifata) e, secondo lui, a meno che non ci fossimo conosciuti in chiesa (eddaje!) era praticamente impossibile che io fossi venuta a conoscenza del suo studio (<< Se non ci siamo conosciuti in chiesa..allora com'è che è qua? >> - << Ho cercato su internet, naturalmente. >> mi aspettavo un sorriso da un “uomo di dio”..invece mi ha rimproverata dicendomi << E lei fa giri cosi? Cerca su internet e si presenta cosi? MAAAAAAH!? >>). A saperlo non ci passavo nemmeno dalla strada.
  2. Sono io, solo io il PROFESSIONISTA: di questi ne ho incontrati a palate. Sono quelli che hanno lo studio mega-galattico, ti squadrano come se fossi un lebbroso, con un cenno ti “invitano” a sederti nel loro ufficio (scrivania enorme di legno pregiato, sedia da capo di Fantozzi e, per i comuni mortali, una bellissima sedia girevole che, quando ti ci siedi va per i fatti suoi e rischi di infortunarti l'osso sacro) e poi chiedono, sprezzanti: << Cosa vuole? >> con la voce roca e profonda di chi la sa lunga. In realtà non sanno nulla e schiavizzano le ragioniere solo perchè sono più brave di loro. Dopo che dici il perchè dell'esserti scomodata dal divano di casa, loro prendono con solo DUE DITA (indice e medio a forbice) la busta con il cv, la aprono e cominciano a leggere. << Quindi ha lavorato.. >>, constatano storcendo il naso ma, inaspettatamente, non vogliono sapere dove e quali mansioni svolgevi ma solo ed esclusivamente il tuo..VOTO DI DIPLOMA!!! Con cose più importanti..eh vabbeh..
  3. Le segretarie “tu-mi-stufi”in perenne astinenza: quando non sono presenti i capi, ecco che si presentano queste piccole, immonde, creature dannate. Le segretarie in perenne astinenza non sono sempre brutte, anzi, ma sono sempre insoddisfatte. Sono quelle che non ti fanno nemmeno salire a consegnare il cv, quelle che, se ti va bene, non ti trinciano con lo sguardo quando consegni a loro il cv ma ti dicono che “quando arriverà glielo darò” o “glielo metto sul tavolo” con tanto di falso sorrisetto. Che odio! Questi tipi sono ovunque, e spesso, per citofono, dopo averti vessato con domande assurde del tipo: << ma perchè porta un cv? >> o << Ma aveva appuntamenti? >> dopo che le hai detto che fai dei giri autonomi, ti dicono che i “capi non ci sono..eh..uhm..se vuole lo può lasciare in portineria..eh..uhm..”. Eh, già. Fossi al loro posto saprei come comportarmi.

Ma non vi scoraggiate: fa tutto parte del “gioco”. Ogni volta che vi trovate intorno persone cosi, pensate che non siete ne i primi ne gli ultimi, anzi pensate a quei poverini schiavizzati che ci lavorano!

Vedrete, se siamo fortunati, troveremo un lavoro.

Se no.. “Domani è un altro giorno/ ci penserò domani”!!


Tanti auguri a voi :D




Recensioni e commenti

I tipi di lettori secondo "The Atlantic Wire" - e tu che tipo di lettore sei? partecipa al sondaggio!

dicembre 29, 2012





Ciao a tutti!

Eccomi tornata!

L'argomento di oggi non è una recensione..bensì un commento all'articolo che ho trovato su questo sito.
In pratica, “The Atlantic Wire” a fine Agosto ha pubblicato un articolo nel quale vengono elencate alcune tipologie di lettori.

E' cosi carino che ho deciso di trascriverlo qui ed informare anche voi!


(Interamente copia/incollato dal sito in precedenza scritto.)




1. The Hate Reader: divora i libri, ma ne odia il contenuto al tempo stesso. Si lamenta di come scrive l’autore, si lamenta della trama, ma in realtà arriva sempre alla fine e in segreto ama ciò che ha letto.

2. The Chronological Reader: lento, costante e metodico, comprare-leggere-comprare-leggere. Apprezza quasi tutto, e se abbandona, brutto segno per l’autore.

3.The Book-Buster: distrugge i libri mentre li legge, forse troppa passione, forse troppo amore per la lettura. Si consiglia di comprare un Kindle e di non chiedere mai, per nessuna ragione, un libro in prestito.

4. Delayed Onset Reader (1): senza dubbio un amante dei libri, entra in libreria e compra perché non riesce a resistere. Purtroppo è molto impegnato, per cui crea pile infinite di libri da leggere, che crescono in modo esponenziale.

5. Delayed Onset Reader (2): non ama i libri, li compra solo per mostrare che ama i libri. Buone notizie, la cura c’è, ed è di facile applicazione: leggerli.

6. The Bookophile: quasi un feticista dei libri, ne ama l’odore di stampa fresca, il colore di quelli antichi, quelli trovati per strada, quelli rubati ad un amico. Non farebbe mai del male a un libro.

7. The Anti-Reader: inizia un libro, ma non supera la terza pagina. Non riesce a leggere fino in fondo gli articoli di giornale, a volte neanche i pay off pubblicitari. Anche per questo c’è una cura: iniziare a leggere racconti brevi.

8. The Cross-Under: leggeva libri da adulti quando era bambino, ora si cimenta con tutto ciò che lo ispiri. Un vero lettore.

9. The Multi-Tasker: lettore promiscuo. I libri li finisce, ma dopo tanto tempo perché ne legge 3-4 ma anche 9-10 contemporaneamente. Non è metodico, e rischia a volte di confondere autori, trame, personaggi. Ma quanto ama leggere…

10. The Sleepy Bedtime Reader: impegnato, prende in mano il libro a fine serata, sul letto, ed inesorabilmente crolla prima della fine del capitolo. Il tenero lettore dentro ognuno di noi.

11. The Book Snob: difficile da impressionare, estremamente critico sul valore dei best seller, legge solamente libri recensiti positivamente da recensori recensiti positivamente dagli dei dell’Olimpo. Estremamente difficile da accontentare, cerca asilo nei classici, da Talete di Mileto in su.

12. The Hopelessy Devoted: sceglie un autore, lo rende personale maestro di vita, e legge tutto ciò che ha scritto, romanzi, lettere, appunti delle superiori, disegni delle elementari.

13. The Audiobook Listener: più che un lettore è un pilota che non vuole rinunciare alla lettura. A mali estremi, estremi rimedi.

14. The conscientious reader: non legge solo per il gusto di leggere. Legge per conoscere e per scegliere sapientemente e così facendo sceglie le storie vere, il giornalismo, il report. Unico rischio, cadere nello snobismo.

15. The critic: non si lascia impressionare facilmente, ma quando ama, ama alla follia. Il punto di incontro tra The Book Snob e The Hopelessy Devoted.

16. The Book Swagger: lettore spavaldo, sempre aggiornato, ha una parola buona in ogni conversazione che riguardi i libri. Forse più innamorato della chiacchiera che della lettura in sé.

17. The Easily Influenced Reader: ascolta tutti, ascolta troppo e finisce per fidarsi dei consigli di chiunque. Annota sul cellulare e corre in libreria, per poi restare con l’amaro in bocca quando si accorge di aver terminato l’autobiografia di Fabio Volo. L’impegno però, vale più di ogni altra cosa.

18. The All-the-Timer/Compulsive/Voracious/Anything Goes Reader: legge tutto, legge sempre. In quelle rarissime occasioni senza un libro sotto braccio, legge le condizioni contrattuali dei biglietti dell’autobus. E in bagno, nel caso si fosse dimenticato l’Internazionale, legge gli ingredienti dell’Infasil (e a dirla tutta, chi non l’ha fatto almeno una volta nella vita?).

19. The Sharer: deve condividere a tutti i costi, per cui chiama amici e parenti per descrivere la trama e le emozioni suscitate dall’ultimo libro letto. A volte rischia di rivelare il finale dei gialli, ma la sua passione per la lettura è senza tempo ed estremamente pura.

20. The “It’s Complicated” Reader: non sa bene collocarsi in una categoria, ma ama la lettura con tutto se stesso. Cambia autori e generi, passando dal fumetto al saggio di antropologia analitica, dal giallo al calcioscrittore. Una mente aperta, senza dubbio.

20 + 1. Non è un vero e proprio lettore. A dirla tutta, non è neanche una persona. E’ semplicemente il tuo animale domestico (gatto, cane, canarino, elefante) che si riposa tra i libri e le riviste che hai lasciato in giro per casa. Buon segno, significa che leggi tanto, e che qualcuno apprezza.











Dire che ho riso come una matta è dire poco: ho trovato questo sito per caso e ci sono rimasta per leggere. Questa è la sintesi copia/incollata di due articoli nel quale ci siamo elencati tutti noi.
Mi sono divertita perchè rispecchia davvero molti dei nostri comportamenti da librofili (si dice cosi? Boh..a me piace e lo metto lo stesso..in caso fosse errato..beh..ho coniato un termine nuovo! ;) ) ed ho pensato di scrivere qui che tipo di lettrice sono io.. :D

Cominciamo dai!

2. The Chronological Reader.

Costante, lenta e metodica non lo sono assolutamente! Per gli acquisti assolutamente si (e anche per la lettura..anche se adesso ho pochissimo tempo :( ) ed è verissimo anche che apprezzo quasi tutto ma se abbandono è una cosa tragica.
Il tema dell'abbandono secondo me: se ami un autore, leggi tutto quello che ha scritto. Se abbandoni il libro a nemmeno metà (come mi è successo per Glenn Cooper e qualcun altro) non compro più nulla di quell'autore (sempre lo sfortunato Cooper..mi ha annoiata a morte! Povera me..e povero lui..lo faccio fallire..). Ecco, se ti abbandono, libro, è tragico.


4. Delayed Onset Reader (1).

Ecco: questa è la sintesi perfetta del mio modo attuale di vedere un libro. Toglietemi i soldi dalle mani e dalla postepay, sono un pericolo! Adesso che ho molti impegni e la mia vita è cambiata, un libro ci metto secoli a finirlo..cosi, mentre escono gli altri libri che desidererei leggere, li compro e li accatasto nella mia povera e stra-colma libreria..



6. The Bookophile.

Feticista dei libri mi sembra un po' da pazzi! Ma è vero che adoro le prime edizioni e penso che i libri in economica (per quanto siano dal prezzo abbordabile) non siano "veri" libri come uno in edizione cartonata..E' verissimo che non farei mai del male ad un libro! Sono come cuccioli indifesi che vanno protetti dagli zulu' immondi! :D Poi non parliamo dei libri antichi..aaaaaaaaaaaaah muoio! *______*

8. The Cross-Under.

Verissimo. Dagli undici ai 14 ho letto tutti i grandi classici della letteratura..non serve elencarli..
Adesso, come dice giustamente l'articolo, se mi ispira un libro lo prendo senza battere ciglio. 
(ringrazio chi ha scritto "un vero lettore")

12. The Hopelessy Devoted.

Eh, si..verissimooooo!!! Lavori di ricerca per trovare libri..e quando li trovo..AZZAMPA AZZAMPA!!


15. The critic.
Anche questo è il ritratto della mia follia. :D 


Bene, adesso che sapete i miei punticini deboli, perchè non commentate e mi fate sapere anche voi di che pasta siete fatti? 

Aspetto numerosi commenti!! :D




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