Film - Confessioni di una critica cinematografica

|RECENSIONE FILM| La cura dal benessere - 2017

marzo 17, 2018









Nome film: La Cura dal benessere
Diretto da: Gore Verbinski
Anno: 2017
Data di uscita nelle sale: 23 Marzo2017 (IT)

Principali interpreti: 

Dane DeHaan
Jason Isaacs
Mia Goth
















Lockhart è un giovane e ambizioso broker di Wall Street che fa parte di un'agenzia pronta ad una fusione con un'altra agenzia. 
Per confermare tale fusione, il suo amministratore delegato, Roland Pembroke, deve necessariamente firmare delle liberatorie, ma l'uomo ha recentemente spedito una lettera dove ha annunciato di trovarsi in Svizzera e di non voler più tornare a vivere a New York. Lockhart viene dunque incaricato di andare a recuperare Pembroke. Il giovane si ritroverà in un centro benessere situato nelle Alpi Svizzere, dove la cura del dottor Heinrich Volmer è miracolosa: chiunque vi entri e si sottoponga alla cura, si sentirà ben presto sereno e in salute. Lockhart, dopo un terribile incidente, si ritroverà nel centro e gli verrà consigliato il miracoloso trattamento di Volmer. Pian piano, scoprirà i terrificanti misteri del luogo e che la cura per il raggiungimento del benessere è davvero poco ortodossa.


film

|RECENSIONE FILM| Voldemort: Origins of the Heir

gennaio 25, 2018








Nome film: Voldemort: Origins of the Heir
Diretto da: Gianmaria Pezzato
Anno: 2018
Data di uscita su Youtube: 13 Gennaio 2018 

Principali interpreti: 

Stefano Rossi,
Davide Ellena, 
Andrea Baglio, 
Andrea Deanesi
Aurora Moroni
Maddalena Orcali
Andrea Bonfanti
Gelsomina Bassetti
Alessio Dalla Costa
















Il film racconta la scalata al potere e l’evoluzione di un ragazzo ambizioso di nome Tom Riddle fino a diventare Colui-che-non-deve-essere-nominato, raccontato dal punto di vista di Grisha McLaggen.

Film - Confessioni di una critica cinematografica

|RECENSIONE SERIE TV| Tredici - 13 Reasons Why (2017- )

agosto 08, 2017










Titolo originale: 13 Reasons Why (TH1RTEEN R3ASONS WHY)
Anno: 2017 – in produzione

Genere: Teen Drama


Principali interpreti:
Dylan Minnette
Katherine Langford
Kate Walsh

















Il liceo locale di un classico sobborgo americano è sconvolto dal recente suicidio della studentessa del terzo anno Hannah Baker. Qualche giorno dopo, un suo compagno di classe ed amico, Clay Jensen, trova una scatola contenente sette nastri in cui sono raccolte tredici registrazioni fatte proprio da Hannah, in cui spiega i tredici motivi che l'hanno spinta a togliersi la vita; chi riceve quelle cassette è proprio uno dei motivi.
Tormentato, il ragazzo inizia ad ascoltare le registrazioni per capire che ruolo ha avuto in quel tragico gesto. Scoprirà che Hannah è stata vittima di voci malevole, bullismo ed anche violenze da parte dei compagni, e che molti di questi ultimi, dietro le apparenze, nascondono dei segreti anche terribili.

Durante l'ascolto, Clay verrà ostacolato dagli altri destinatati delle cassette, che vogliono impedirgli di far trapelare le verità conosciute da Hannah.  

















Nonostante il romanzo di Jay Asher (di cui faremo una recensione prossimamente) sia uscito nel 2007 in patria e l'anno successivo in Italia, è solo con la recentissima serie tv dal titolo omonimo, prodotta e distribuita dalla piattaforma on demand Netflix, che entrambi stanno imponendosi al grande pubblico di tutto il mondo. Il perchè è presto detto: parlano con realismo e senza filtri di quasi tutti i temi tabù delle varie generazioni.

Bullismo e cyberbullismo, diffamazione, molestie e violenze sessuali, depressione, genitori assenti..nelle serie tv e nei film attuali non se ne parla mai o, comunque, in modo molto edulcorato, in modo da non traumatizzare lo spettatore, spesso inseriti nella storia in modo funzionale alla riuscita professionale del protagonista, come ad una sorta di “vendetta” su chi lo ha ostacolato in passato. Il tutto, comunque, senza soffermarsi troppo sui soprusi subiti da ragazzini, ma come una sorta di flashback che, a volte, tende anche a giustificare le azioni dell'antagonista.

In questa serie, invece, non c'è sconto, non c'è divertimento, nessuno ti prende per mano e ti conduce verso la luce: Hannah Baker si è suicidata. Ha compiuto un atto estremo, terribile.
E non lo ha fatto per ottenere visibilità.
Lo ha fatto per disperazione, perchè anche lo psicologo che avrebbe dovuto aiutarla le ha suggerito di andare avanti e dimenticare i soprusi, le cattiverie e le violenze.

E' un teen drama che distrugge, fa capire cosa significa essere rimasti soli, e fa capire cosa significa essere dei superstiti alle morti di un suicida.
Tutto il mondo che avevi creato, all'improvviso ti cade addosso e ti ritrovi a dover mettere insieme i pezzi.
Allora vediamo Olivia Baker, la madre di Hannah, che non si rassegna alla perdita prematura della figlia, convinta che non ci sia solo la voglia di mettersi in mostra, come suggerisce la scuola, ma qualcosa di terribile che l'ha spinta a commettere un gesto tanto atroce.
Vediamo Clay Jensen, da sempre silente innamorato di Hannah, che cerca di andare avanti come può, ascoltando le cassette e lottando contro il senso di colpa che lo attanaglia per non aver fatto di più e continuamente pressato dagli “e se..”.
Entriamo con lui in una scuola piena di ragazzi complessati, che pur con un “semplice” silenzio, hanno contribuito alla morte di una ragazza di sedici anni.



I Protagonisti della serie


La cosa bella della serie è che non c'è un solo cattivo su cui scagliarsi, ma ci sono persone ritratte nella loro umana imperfezione, che hanno famiglie sballate, che sbagliano e vogliono sbagliare per non far scoprire i loro segreti.
E, dall'altro lato, ci sono i genitori.
Troppo concentrati su se stessi, sulla propria vita e sul proprio tablet da non accorgersi che i figli sono soli e disperati.
Che alla domanda << Come stai? >> si accontentano della risposta << Bene. >> senza approfondire.
Ma il dramma per eccellenza si consuma a scuola, là dove gli adolescenti passano gran parte della vita, per apprendere come stare al mondo. Dove i professori lanciano campagne di sensibilizzazione alla “Non sei solo, il suicidio non è un'opzione!” solo dopo che una ragazzina si è tolta la vita, per pulirsi la coscienza e convincersi di aver fatto la cosa giusta. Proprio loro che, in molti casi, sminuiscono ed offendono gli alunni bullizzandoli alla stregua dei coetanei, minando la loro autostima con insulti e ridicolizzando i ragazzi, solo perchè hanno “il coltello dalla parte del manico” ed usano le minacce per farsi valere ed incutere timore (perchè sanno che, in fondo, non meritano nulla, nemmeno l'appellativo di “educatore”).

Tredici è una serie che tocca nel profondo ognuno di noi, in quanto tutti siamo stati adolescenti, e tutti, chi più chi meno, abbiamo sopportato in silenzio i soprusi che compagni e professori hanno perpetuato nei nostri confronti.
Ma è una serie che invita a reagire, perchè apre gli occhi e fa svegliare: c'è chi sopravvive, ma Hannah Baker non era forte quanto dava a vedere.

E' una delle poche serie che ti insegnano a crescere dentro, che chiariscono che se sei una ragazza nessuno dà in automatico il diritto agli altri di palparti, fare allusioni, stuprarti. Che il tuo no è un NO, e chi non rispetta il tuo diritto di rifiuto deve pagare le conseguenze. Che se sei omosessuale ciò non ti rende migliore o peggiore di un etero, ma sei solo una meravigliosa persona che ha tanto da dire e da fare, senza dover per forza aver cucita un'etichetta diffamatrice addosso per l'eternità e dover avere paura di quello che pensa la gente. Ma, sopratutto, che essere bullizzati non da il diritto di bullizzare un'altra persona solo perchè credi che questo sia la tua unica via d'uscita da quel mondo che tanto detesti..

In definitiva, Tredici fa riflettere molto chi è stato vittima di bullismo, chi ha pensato di farla finita per il silenzio dei professori e dei loro occhi volontariamente chiusi, e chi ha perso una persona amata per suicidio.
Per tutti gli altri, ovvero i bulli, i professori che si trincerano dietro uno sguardo rivolto altrove per non vedere, chi non ha mai avuto lutti del genere e tutti quei genitori assenti che si preoccupano per i figli ma non glielo dicono o dimostrano, mi auguro che li faccia svegliare.
Che faccia capire che anche un “sei una palla di lardo” detto scherzosamente condizionerà a vita il soggetto bullizzato. Che ogni “Provvederemo domani” dei professori sia davvero domani e non chissà in quale secolo. Che ad ogni “Bene” secco e schivo, i genitori prendano da parte la prole e gli sappiano concedere quel minuto del loro tempo così prezioso che, un giorno, gli servirà per poter dire di essere stati dei buoni genitori e non rimpiangere il tempo speso a guardare le mail sul telefonino.

Il messaggio chiaro della serie tv è che ogni nostra azione può avere delle gravi ripercussioni sia su noi stessi che sugli altri.

Perchè Hannah Baker può essere chiunque.
Tutti noi potremmo essere i “tredici motivi”.

Ed un giorno potremmo pentirci di non aver fatto il possibile per salvarla.







VOTO SERIE TV COMPLESSIVO









Recensione a cura di:











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Film - Confessioni di una critica cinematografica

|RECENSIONE FILM| The Ticket - 2017

agosto 07, 2017









Nome film: The Ticket
Diretto da: Ido Fluk
Anno: 2016
Data di uscita nelle sale: 7 Aprile 2017 (USA) – ? (IT)

Principali interpreti: 
Dan Stevens, 
Malin Akerman, 
Oliver Platt, 
Kerry Bishè
















Dopo che James, un non vedente, riacquista la vista, si ritrova ossessionato dall'idea di avere il meglio dalla vita.
Tuttavia, questo obiettivo di migliorarsi ad ogni costo (che includerà una casa più bella, un lavoro pagato benissimo, abiti su misura ed auto di lusso), lascia poco spazio per le persone che facevano parte della sua vecchia e più semplice vita: la moglie e l'amico Bob.
Quando i suoi rapporti personali vengono minati dalla sua sfrenata ambizione, nessuno sa se James potrebbe far ritorno all'oscurità da cui è rinato..













“Un uomo prega Dio per 50 anni. La stessa preghiera ogni sera. << Dio, per piacere, fammi vincere la lotteria >>. Anno dopo anno, dopo anno, dopo anno. << Ti prego Dio, fammi vincere la lotteria >>. Alla fine, un angelo andò da Dio e disse: << Dio, questo uomo ti ha pregato per tanto tempo. Perchè non lo fai vincere? >>. E Dio disse: << Mi sarebbe piaciuto poterlo aiutare, mi sarebbe davvero piaciuto. Ma lui non ha mai comprato un solo biglietto della lotteria. >>”

Il film si apre e si chiude con questa storia narrata dal protagonista e fungerà spesso da espediente per molte azioni che commetterà e diventerà quasi un mantra per l'auto-giustificazione.

The ticket – il biglietto – è il vero protagonista.

Il biglietto della vista, quello del lavoro, quello dell'amore, dell'amicizia e della vita dignitosa in generale.

James , il “protagonista”, è un cieco che torna inspiegabilmente a vedere e, improvvisamente insoddisfatto della modesta vita che ha condotto fino a quel momento, comincia a commettere una serie di errori che lo porteranno ad una lenta autodistruzione.
Lui il biglietto non lo ha comprato, lo ha solo ricevuto in regalo.
Ma non ha saputo farne tesoro, coltivando gli affetti ed il misero lavoro che aveva..
Ha voluto strafare, perchè la vista gli ha permesso di vedere quanto, secondo lui, era caduto in basso.
E per inseguire un'ideale di astratta perfezione, ha perso man mano le fondamenta della sua vita.

Mi è molto piaciuta l'interpretazione di Dan Stevens (“Downton abbey”, “La bella e la bestia”) che ha reso James molto umano nelle sue debolezze. Anche Malin Akerman (“Watchman”, “Ricatto d'amore”), di solito impegnata in commedie, ha reso bene la parte della moglie di James, trascurata e pensierosa nella prima parte, curata e con la voglia di lasciarsi indietro il passato nella seconda. Anche Oliver Platt (“Linea mortale”, “L'uomo bicentenario”) , che interpreta l'amico cieco Bob, è da elogiare.
Ma c'è qualcosa che non ho molto tollerato: la lentezza esasperante.
Se non fosse stato un film pieno di valori, di “schiaffi morali” e che fa riflettere, seguirlo sarebbe stato un po' difficile, data la regia statica, monotona e lunghi silenzi che potevano benissimo starci se accompagnati da quel dinamismo che difetta nel film.

Nonostante tutto lo consiglio vivamente, in quanto è uno dei film più belli che abbia mai visto in quanto a morale, proprio per gli ultimi dieci, strazianti, minuti e la chiusura emblematica sulla vita di quest'uomo che ha capito troppo tardi che non c'è nessuno più cieco di chi non vuole vedere.





VOTO FILM COMPLESSIVO









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Film - Confessioni di una critica cinematografica

|RECENSIONE| Non lasciarmi - Kazuo Ishiguro (contiene la recensione al film omonimo)

agosto 30, 2012




Crudo. Brutale. Tragico. Non si può che definire cosi il libro “Never let me go”.

Mi ostino a scrivere il nome in originale perchè è uno di quei titoli che non andrebbero tradotti.
Non solo perchè stravolgono il concetto iniziale del libro (per intenderci:è il titolo che ti fa capire se prendere quel libro o meno in base a come si chiama..), ma perchè il significato di questo titolo originale è essenziale alla comprensione del libro stesso.

Incuriosita dal film, appunto Never let me go, come da mia mania, googlai il titolo per sapere da dove provenisse questa trama. Scoprii che il libro in Italia si chiamava Non lasciarmi e decisi di comprarlo. Vedendo la copertina, quella che ho messo all'inizio del post, mi sentii male e pensai che fosse stata una pessima scelta, dato che il titolo mi sapeva di “storia pallosa d'amore”. Inoltre, l'edizione che ho è in economica ed ha la famosa copertina mollacchia che odio!
Se ci pensiamo bene, Non lasciarmi è la traduzione letterale di Never let me go. Ma, in questo caso, è giusto lasciare in originale il nome, dato che si può fraintendere facilmente.
  



– Trama –

Copertina del tascabile
Kathy ha 31 anni, è un'Assistente ed è un' ex studentessa di Hailsham. Dalle prime righe si evince quanto lei sia felice di questo lavoro ma, purtroppo, questo periodo finirà presto: quando terminerà questo incarico, entro l'anno, adempierà al destino per cui è stata creata e diventerà Donatrice.
Come dei Memoires, Kathy ripercorre tutta la sua vita e ci farà conoscere meglio chi è, cosa è e perchè esiste.
A partire dall'infanzia, condivisa con Tommy e Ruth ai tempi di Hailsham, passando per i tempi dei Cottages, fino all'epilogo: una straziante visione del crudo destino di questi ragazzi, creati appositamente per donare organi, dei cloni usati per il bene di tutti tranne che per il loro.





– Commento –

Questo libro mi ha profondamente toccata e turbata. Non tanto per il fatto che dei cloni umani siano usati per convenienza, ma perchè è molto verosimile una cosa del genere. Mi auguro vivamente che non esista davvero quest'abominio, ma se ci fosse e tutto sia stato insabbiato?

Noi siamo costantemente bombardati di informazioni vere e false.
Siete sicuri che gli ufo esistono?
O e solo un'invenzione dei giornalisti?
Con questo esempio cerco solo di spiegare la mia teoria: quanto c'è di vero o di falso in questo libro? Siamo sicuri che queste atrocità non vengano davvero inflitte a dei poveri esseri umani indifesi?

Per scrivere, diciamo, tranquillamente questo post, c'è voluto del tempo.
Poi mi sono presa anche del tempo per vedere il film e poter fare il quadro completo di questo “Never let me go”.

La cosa che più ho amato di questo libro è il tema delle “donazioni forzate” trattato con delicatezza.
Ti cattura fin da subito e, pian piano, arrivi a sentire quello che sente Kathy, vedi Tommy con gli occhi di lei e non puoi fare a meno di innamorarti di lui. E provi a giustificarla quando cerca in tutti i modi di tenere salda l'amicizia con Ruth, la sua più grande nemica-amica.
Con sguardo carezzevole, Ishiguro ci guida tra le vite spezzate di questi ragazzi che non arriveranno mai alla maturità, che sanno provare sentimenti e hanno “un'anima”, a dispetto di quello che pensa l'opinione pubblica, o quello che finge di ignorare, l'opinione pubblica.
Questo romanzo, ho letto che è stato etichettato come “visionario”: assolutamente no.
Anche George Orwell ha “inventato” un capolavoro visionario, un certo “1984”.
Visionario? Assolutamente no!
Quanti si sono accorti dei parallelismi della nostra vita con 1984?
Non temete: anche se non avete mai letto questo libro, vi dice nulla il Grande Fratello? E non parlo dell'orrenda trasmissione, ma di quelle telecamere che, ovunque, riescono a stanarti e non ti fanno sentire più libero nemmeno di essere in casa tua, e non si ha più un'individualità, si è tutti schiavi del potere..e di chi ha il potere.
Ecco un punto in comune tra 1984 e Never let me go: i protagonisti di entrambi i romanzi vengono privati delle scelte decisionali. Le loro uniche colpe sono di essere nati, o stati creati, in un mondo cattivo, un'utopia al contrario (cito), e vivere in un luogo ostile dove chi governa non si fa scrupoli ad uccidere innocenti per chissà quale folle credo.
Naturalmente, Never let me go, non è un romanzo sulla politica: si parla solo di questo “modo di procurarsi organi 100% non rigettabili” a discapito di ragazzi creati a tal scopo e giustificandosi dell'azione dicendo che “non hanno un'anima, sono solo dei cloni..”.
E il mondo cosa ne pensa? Nulla. Non ne sa nulla. Gli organi arrivano da persone che muoiono in incidenti, mica da poveri ragazzi che vengono torturati gratuitamente!
E se si venisse a scoprire? Tutto viene insabbiato, logicamente. Troppa brutta pubblicità, per lo stato..
Ma, ripeto, non è un romanzo sulla politica.
L'argomento è descritto dal punto di vista dei cloni, quindi essi non sanno nemmeno cosa succede intorno a loro. E non importa molto, dato che si entra nel mondo di Kathy e si rimane intrappolati anche molto dopo aver terminato il libro..

Insomma, questo libro mi è piaciuto. Per come è stato scritto (un magnifico Ishiguro, di cui non avevo mai letto nulla perchè non v'era stata occasione), per l'argomento trattato (molto difficile e molto delicato) e per le domande che ci si pone alla fine del libro: CHI E' UMANO? CHI LO DECIDE? E CHI HA IL DIRITTO DI AMARE, DI FARSI UNA FAMIGLIA? CHI HA UN'ANIMA?

Riflessione che mi porta a scrivere: tutti abbiamo un'anima. Ma questo non ha influito molto, a ben vedere, sulle decisioni. Basti pensare ad altri abomini (guerre, stragi di innocenti, violenza gratuita, olocausto, ecc.): non siamo tutti umani e non abbiamo tutti un'anima? Ha forse fermato, quest'anima, il truce destino di questi capi della follia? Direi di no, se no cosa si studierebbe a scuola nell'ora di storia?
Sappiano benissimo che, ad oggi, ancora molti bambini vengono rapiti, nei paesi più difficili, per il commercio clandestino di organi. Loro forse non hanno un'anima? E chi li rapisce?
Tutti abbiamo un'anima, anche i cloni di questo libro. E tutti possiamo morire dentro, non soltanto togliendoci gli organi o torturandoci, anche se vediamo chi amiamo stare con chi ce lo ha sottratto con audacia e sfrontatezza, sapendo bene del sentimento che provi nei confronti di quella persona.

Ruth è invidiosa di Kathy. E' sua amica, ma la vede, segretamente, come una rivale. Per più di mezzo libro prende in giro Tommy, e poi, quando si accorge del sentimento profondo che lega lui e Kathy li divide, sottraendo tempo prezioso alla loro storia d'amore. 









Ed ecco che inauguro la sezione FILM – CONFESSIONI DI UNA CRITICA CINEMATOGRAFICA!!!!!!!!!


Anno: 2010
Titolo: Never let me go
Interpreti principali: Carey Mulligan (Kathy), Andrew Garfield (Tommy), Keira Knightley (Ruth)
Regia: Mark Romanek
Sceneggiatore: Alex Garland
Data uscita nelle sale: 






Non vi stresso con la trama. E' pressoché identica al libro. Tranne che per alcuni piccoli, fastidiosi, irritanti, tagli e modifiche alla trama.
Per questo dico sempre che è meglio leggere il libro e vedere il film. Almeno ci capisci di più.

Locandina originale del film
Sotto il profilo visivo, non mi aspettavo che facessero vedere la morte di Ruth: ok, è antipatica, ma non meritava di essere visto come “ho fatto la mia parte, adesso posso morire felice” in quel modo. Insomma, ci lamentiamo degli splatter alla tipo “film del cosidetto orrore da 15 agosto” (uno di questi è Wrong turn o il remake di Non aprite quella porta..) o del sempre mio amato Saw (rigorosamente il primo, gli altri mi hanno annoiata..) , e poi ci sorbiamo in un film del genere una scena cosi rivoltante?
Keira, ma non hai detto nulla in proposito??

Sotto il profilo del cast tecnico: regia, pessima. Sceneggiatore, malissimo. Insomma, potevate stare a casuccia e risparmiavate questi soldi.

Regia: dico ma è cosi difficile movimentare il film? Se non fosse stato che conoscevo la trama e m'interessava sapere in che modo avrebbero ucciso il libro definitivamente, mi sarei abbandonata placidamente tra le braccia di Morfeo. NOIOSO, STATICO, e, pensandoci bene, forse ha inserito lo SPLATTER per svegliare un po'. Risultato penoso. PENOSO. Sarai anche bravo, avrai diretto molti film, chi ti dice niente, ma questo film proprio non si può vedere. Dico ma ci rendiamo conto? Pochi dialoghi (ringrazieremo dopo lo sceneggiatore..), piani sequenza pressoché inesistenti, e, per passare da un capitolo all'altro, metteva un minuto di osservazione di cose che, ai fini della trama, non c'entravano nulla. L'interno di una casa. Un minuto e mezzo. Tutto fermo. Forse una tendina mossa dal vento. Ecco, c'è del movimento! Allora mi sarò sbagliata io..
Sceneggiatore: caro amico mio, lo sai che il tuo mestiere è il più difficile, vero?
Ringraziamo tutti lo sceneggiatore per averci regalato perle di dialoghi (inesistenti), scene bellissime (inesistenti) e significativi tagli e modifiche nella trama (inutili come il bacio di Ruth a Kathy..).
Ah, si, e ti ringraziamo anche per averci fatto odiare Ruth all'ennesima potenza! Diciamo tutti in coro “GRAZIE SCENEGGIATOREEEE”. Ecco, adesso saprà che ha fatto un buon lavoro.
Inutile commentare oltre il suo lavoro, è già stato detto abbastanza.

Cast artistico: Come sempre, Keira riesce a sorprendermi. Dire brava è dire nulla. In questo film se la battevano lei e la Mulligan, altra ragazza splendida che adoro. Entrambe nominate agli Accademy per due dei miei film preferiti (Keira per Pride and Prejudice, Carey per An Education), si sono ritrovate dopo aver recitato insieme nel 2005 in Orgoglio e Pregiudizio. Keira era Lizzy, Carey sua sorella Kitty, la perenne indecisa e facilmente plagiabile.
Dopo averla vista come Kitty, ho pensato immediatamente che la sua carriera non sarebbe finita molto presto. Ecco, infatti, che viene nominata agli Accademy per “Migliore attrice protagonista” per An Education, uno dei film più significativi e belli (merito della regista e dello sceneggiatore, che li sapevano cosa fare..) che abbia mai visto.
Carey è bravissima nella parte di Kathy: rende molto bene lo struggimento interiore durante tutto il film. L'unica nota stonata sono i capelli di lei a 18 anni (obbridi) e la doppiatrice.
Keira, invece, rende Ruth una stronzona megagalattica (anche grazie alla bambina che interpretava Ruth da piccola, meravigliosa anche lei) e te la fa odiare molto più del libro (grazie sceneggiatore!) ma con una classe davvero ineccepibile.
Andrew Garfield in una scena del film
Cosa dire di Andrew Garfield? Il Tommy perfetto per bellezza, timidezza e gentilezza. Un po' meno per recitazione, ma il suo personaggio doveva essere impacciato, e lui ci riesce benissimo.
La sua recitazione non è il massimo (ricordiamo che questo film è di nicchia, e lui ne ha preso parte molto prima che lo scritturassero per il blockbuster “The amazing spiderman”, che lo ha reso famoso in tutto il mondo, dove la bellezza e gli effetti speciali contano più del saper recitare..) ma a noi va bene cosi. Almeno a me. Di certo, con due fuoriclasse come Carey e Keira non potevano metterne un'altro..
Ma, ripeto, la sua bellezza impacciata, di chi è bellissimo e non sa di esserlo, lo rende molto puccioso e gli si perdona quasi tutto. Quasi.

Infine, il mio voto è 3 su 10.

Amaro, lo so.

Spiego: 1 è per Keira, 1 è per Carey, 1 è per le splendide location.

Ruth e Kathy da piccole 
Non ho parlato delle location, ma non importa: basti pensare a residenze ottocentesche per Hailsham ed infinite campagne inglesi.

Concludo dicendo: nonostante il superbo lavoro delle due prime donne, si spera che i tempi di Hailsham si protraggano per l'intero film.



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