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|REVIEW PARTY| Notre-Dame de Paris (ed.illustrata) - Victor Hugo

febbraio 25, 2020









"Tutti gli occhi si erano alzati verso il sommo della chiesa. Ciò che vedevano era straordinario. In cima alla galleria più elevata, più in alto del rosone centrale, c'era una grande fiamma che montava tra i due campanili con turbini di scintille, una grande fiamma disordinata e furiosa di cui il vento a tratti portava via un lembo nel fumo." Contiene la storia della cattedrale di Notre-Dame raccontata da Ken Follett.
















Torna in una veste prestigiosa e di grande impatto Notre-Dame de Paris, celebre romanzo storico di Victor Hugo che, grazie ai numerosi adattamenti – cinematografici e musical su tutti – continua ad emozionare intere generazioni di spettatori e lettori.



La storia, complice la Disney (sebbene di gran lunga differente), non è difficile conoscerla: la giovane gitana Esmeralda desta gli interessi del gobbo Quasimodo, il campanaro di Notre-Dame, quelli dello squattrinato Pierre Gringoire e quelli del crudele Arcidiacono Frollo che, pur di averla, è disposto a tutto. Ma Esmeralda, però, è innamorata perdutamente di Febo, l’unico uomo incapace di amare e che la vede come un passatempo.



Il capolavoro di Hugo, pubblicato nel 1831, sviscera i diversi tipi d’amore: quello puro, quello cùpido e lesivo, l’ossessione e la morbosità. Parla del rispetto che la donna non ha mai avuto, essendo vista solo come un’oggetto di piacere e non come una persona; contiene riflessioni sulle classi sociali e ne denuncia i comportamenti, parla di violenza (abusi fisici e psicologici) e di disabilità. Perché anche i disabili hanno un cuore e sanno amare, forse più disinteressatamente dei cosiddetti normodotati.
Oltre alle tematiche, però, c’è da sottolineare quanto la scrittura di Victor Hugo sia speciale, solenne e vivida: nonostante le numerose descrizioni che denotano i profondi studi del luogo e il linguaggio ricercato, non ci si annoia mai. Forse sarà solo un po’ ostico in alcuni punti, ma nulla di così insormontabile.



Questa nuova edizione Oscar Draghi, arricchita da meravigliose illustrazioni e contenente il saggio Notre-Dame a cura di Ken Follett (scritto in seguito all’incendio del 15 aprile 2019 che provocò il crollo della flèche e del tetto) è un volume di pregio che arricchirà non solo le librerie ma i cuori dei lettori che, finalmente, potranno leggere (o rileggere) una delle pietre miliari della letteratura mondiale.



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recensioni

|REVIEW PARTY| Racconti - Arthur C. Clarke

febbraio 18, 2020









"Racconti" è la traduzione di "The Collected Stories" di Arthur C. Clarke, la più completa raccolta organica delle opere brevi del maestro anglosassone della fantascienza. Si tratta di più di cento racconti che mostrano l'evoluzione tematica e stilistica di sir Arthur Charles Clarke, che abbraccia un arco temporale vastissimo, dal 1937, con il racconto "Travel by Wire!" ("Viaggiare via cavo") pubblicato in prima edizione nel numero di dicembre della rivista "Amateur Science Fiction Stories", fino al 1999, con il brevissimo racconto intitolato "Improving the Neighbourhood", che è stato il primo racconto di SF a uscire sulla prestigiosa rivista "Nature". Completano il volume una introduzione dello stesso Clarke, alcune brevi annotazioni dell'autore su gran parte dei racconti contenuti nel libro, e poi una corposa appendice con un approfondito ritratto dello scrittore britannico e la bio-bibliografia completa di tutte le opere di Arthur C. Clarke.

















Quando la collana Urania si unisce agli Oscar Draghi il risultato non può che essere spettacolare.
Se poi si inaugura la fusione con la (quasi) intera raccolta di racconti di Arthur C. Clarke, uno dei padri fondatori della fantascienza, in un volume celebrativo da oltre mille pagine non si può che ammirare questo ambizioso progetto volto sia agli appassionati che ai neofiti del genere.



Chi ama la fantascienza non può non conoscere Arthur C. Clarke: insieme ad Asimov è considerato uno dei maggiori esponenti della fantascienza, estremamente prolifico – infatti la raccolta The collected stories comprende oltre cento racconti, ad esclusione di una ventina i cui diritti sono detenuti da major cinematografiche – che viene ricordato in special modo per il racconto La sentinella che ispirò il geniale regista Stanley Kubrick per la realizzazione di una delle pietre miliari della cinematografia 2001: odissea nello spazio.



Dalla raccolta dei racconti si può evincere non solo una grande fantasia, ma una profonda cultura avvalorata da studi scientifici, e una penna capace di rendere realistico anche l’oggettivamente impossibile con un’agilità e una freschezza che hanno reso immortale lo scrittore.
Clarke ha descritto quello che realmente è poi stato il futuro - l'orbita geostazionaria della Terra è stata chiamata "Fascia di Clarke" in suo onore in quanto fu il primo ad ipotizzare, in un articolo pubblicato nel 1945, l'utilizzo dell'orbita geostazionaria per i satelliti dedicati alle telecomunicazioni –, sorprendendo il lettore nelle oltre mille pagine con storie incredibili e finali sconvolgenti senza dimenticare l’ironia che rende il tutto ancora più godibile.



Questo Drago Urania, arricchito dal saggio Arthur C. Clarke, l’uomo che guardava al futuro di Fabio Feminò e la bibliografia italiana delle opere dello scrittore curata da Andrea Vaccaro, promette – e mantiene – la promessa di omaggiare un grande autore e rendere accessibili le sue opere a tutti i lettori (e non solo quelli affezionati alla collana Urania).





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manga

|RECENSIONE MANGA| La regina d'Egitto. L'occhio azzurro di Horus (Vol.1) - Chie Inudoh

febbraio 11, 2020








Hatshepsut, costretta inizialmente a sposare il fratellastro per permettergli di diventare faraone, passerà alla storia come una figura femminile caparbia e una grande regina. Questo è il racconto, ricco di emozioni, battaglie e colpi di scena, della sua scalata al potere!











Hatshepsut, unica figlia del faraone Thutmosis I e della regina Ahmose, è l’unica vera erede della dinastia reale. Ma qualcosa non può farle ereditare la corona che le spetterebbe: è una donna e, anche se la discendenza si eredita per via matriarcale, è comunque costretta a sposare il fratellastro Sethi, che dopo il matrimonio diverrà Thutmosis II.
Ma il matrimonio, che potrebbe sembrare un limite, non sarà che l’inizio per Hatshepsut: fin dall'infanzia ha sempre preferito i duelli ai trucchi, quindi è decisa a prendere la corona…anche se ciò significa (al momento) regnare nell'ombra con astuzia degna del miglior stratega.


Molto interessante la riscrittura in forma romanzata della vera storia di Hatshepsut, che regnò realmente sull'Egitto oltre 3500 anni fa, a cura di Chie Inudoh che – con un tratto pulito, riconoscibile, espressivo e dal taglio cinematografico – porta alla luce il girl power della regina faraone ed evidenzia il profondo studio della società egiziana dell’epoca.
La giovane Hatshepsut è un personaggio iconico da cui prendere ispirazione e che insegna che non è un corpo a determinare l’attitudine: Sethi, suo marito, è un ragazzo borioso e violento, totalmente incapace di regnare nonostante sia un uomo. Lei, invece, sa già che per farsi amare e rispettare dagli uomini di una società che solo in apparenza è clemente con le donne deve utilizzare l’unica cosa che non le si può contestare: la bellezza (e la spiccata intelligenza che per ovvie ragioni deve tenere ben celata).
Così, in un mondo – passato, presente, futuro – in cui essere donna è considerato uno svantaggio ed visto come qualcosa di cui pentirsi, c’è sempre modo per dimostrare che la suddetta illazione è stata diffusa da personaggi con evidenti problemi di autostima e senso di inferiorità.
Perché la bellezza è un’arma più affilata di un coltello e, se unita all'intelligenza, è letale.


Nel primo volume di questo promettente manga – curato dalla sempre ottima JPop che, con la consueta cura del dettaglio, confeziona un volume dalla sovraccoperta pergamenata dai toni oro/turchese che, al tatto, sembra un papiro – si comincia a dipanare, in un crescendo di emozioni, intrighi e colpi di scena, la storia di una regina che è stata una delle più grandi sovrane mai esistite ma che, avendo subìto la damnatio memoriae, ancora oggi paga per essere stata dieci passi avanti agli uomini.





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|RECENSIONE| Big Ray - Michael Kimball

febbraio 06, 2020










Big Ray è morto, ma il suo ricordo è tanto ingombrante e pesante quanto il suo corpo da vivo. Il figlio ne ricostruisce la vita alternandosi tra passato remoto e passato recente, tra i ricordi di un'infanzia violenta e le prove di riavvicinamento e comprensione dell'età adulta, nel tentativo di decifrare le origini della rabbia del padre e i fattori scatenanti della sua obesità. "Big Ray" è un romanzo al tempo stesso sconcertante e toccante che offre una serie di squarci nella complessa elaborazione di un lutto e dei traumi di un'infanzia schiacciata dalla paura. È raccontato con una voce schietta e a tratti ironica, in uno stile di scrittura molto originale, aneddotico e fotografico, che scompone la narrazione in oltre 500 brevi paragrafi staccati: come a rappresentare la natura frammentaria dei ricordi, ma anche il timore di ricordare tutto, l'incapacità di gestire, tutto insieme, il carico emotivo dei traumi infantili. Con questa opera, Michael Kimball si conferma come scrittore di grande talento, di incredibile profondità e dallo stile unico, e torna a essere pubblicato in Italia dopo "E allora siamo andati via" (Adelphi).













C’è un momento in cui si ha bisogno, davvero bisogno, della figura genitoriale.
Di essere capiti, sorretti moralmente, di ricevere i giusti elogi e rimproveri, di essere semplicemente amati.
Ma non tutti vivono in famiglie felici, e si portano dietro traumi e dolori che vorrebbero solo dimenticare.
Questo è il caso di Michael Kimball, che con Big Ray e tramite il suo protagonista Daniel ricostruisce e frammenta episodi della sua vita tra cinquecento mini paragrafi dopo la morte del padre.



Big Ray è una personalità ingombrante, fisicamente e psicologicamente.
È obeso, fallito e sfoga le sue frustrazioni sui più deboli.
È la personificazione della cattiveria, qualcuno da cui fuggire più lontano possibile per respirare.
Ma come si fa a fuggire via dal proprio padre, quello che tanto si riconosce che sbaglia ma di cui si cerca sempre – anche inconsciamente – l’approvazione?



Kimball, con una scrittura forte, potente, innovativa, cruda e priva di censure, si immerge volontariamente nell'abisso di dolore del vissuto e del lutto e ne analizza lucidamente ogni aspetto, cercando di far chiarezza nella sua mente del perché suo padre abbia agito come un despota e non come un genitore amorevole, quasi come se lo vedesse come un rivale e non una sua creatura. E, anche se vi è un rapporto di odio/amore, Kimball viene dilaniato dal dubbio che la credenza popolare del “tale padre tale figlio” riguardi anche lui.
Del resto, se è cresciuto in quel contesto, non si troverà automaticamente a replicare ciò che ha subìto?



È facile associare la dinamica familiare di Daniel, il protagonista, a quella di Gregor Samsa di kafkiana memoria che, con la sua Metamorfosi, ha lanciato uno straziante grido d’aiuto che ancora risuona nelle orecchie dei lettori dopo anni dalla pubblicazione. Eppure una differenza c’è, nonostante la similitudine: sebbene entrambi vessati dai genitori, il protagonista di Kafka non possiede la forza di rinascere dalle sue ceneri, di svincolarsi totalmente dal genitore – ne è testimone la mela ammuffita conficcata nel corpo; il protagonista di Kimball invece dedica il libro a suo padre e ne sviscera comportamenti e azioni per cercare di capire se dalla sua sofferenza potrà nascere qualcosa di buono. E si chiede se, nonostante tutto, la morte del padre non sia un bene per la sua realizzazione personale e non gli permetta di fare qualcosa che, diversamente, gli sarebbe stato precluso.



Big Ray è un libro che spezza, che fa male, ma è quel dolore che serve per rinascere più forti di prima. È un libro necessario, di cui non sarà mai facile parlare ma che resterà nel cuore e donerà nuova forza e nuova consapevolezza: essere sopravvissuti è il punto d’inizio per liberarsi dalla prigione di dolore in cui ci si era (o ci si era stati) rinchiusi. 





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|REVIEW PARTY| La nube purpurea - Matthew Phipps Shiel

gennaio 28, 2020









Un vapore mortale - dall'inquietante luce purpurea e dall'inebriante profumo di fiori di pesco - spazza il mondo e annienta tutte le creature viventi. Rimane un unico uomo, Adam Jeffson, medico, reduce da una missione esplorativa nell'Artico. Come un Robinson Crusoe apocalittico, Adam inizia la sua epopea per la sopravvivenza. Ma, a differenza di Robinson, non è relegato su un'isola: a sua disposizione ha l'intero pianeta, un mondo silenzioso e devastato. E se l'eroe di Defoe faceva ricorso a tutte le più sottili doti del raziocinio e dell'intelligenza, Adam sprofonda invece nella follia, passando per i deliri e le allucinazioni della solitudine più profonda. Tuttavia una lucidità visionaria si fa lentamente strada nella sua mente, ed egli diventa infine consapevole che la sua sopravvivenza non è casuale e che il suo destino - e quello della razza umana - fa parte di un piano più vasto. Pubblicato agli albori del Ventesimo secolo, "La nube purpurea" è riconosciuto come uno dei grandi capolavori della fantascienza: un grandioso racconto emblematico dei più sinistri incubi novecenteschi, ma anche un'epica vicenda di rovina e rinascita, fine e principio.


















Il giovane dottore Adam Jeffson, convinto dall’ambiziosa fidanzata a raggiungere il polo Nord per ottenere l’eredità dell’uomo più ricco del mondo, s’imbarcherà sulla Boreal. Lui, proprio lui che neanche vede le strane coincidenze che hanno permeato l’intero quanto difficoltoso viaggio, incredibilmente riuscirà a raggiungere il polo. Ma ecco che una strana nube dal colore rossiccio stermina l’intera popolazione globale con l’esalazione dal profumo di fiori di pesco.
Questo sarà solo il principio della fine per la psiche di Adam che, rimasto ormai solo tra le infinite strade deserte, dovrà fare i conti con se stesso.



Ad un anno di distanza dalla ripubblicazione – riveduta, corretta e in versione integrale a cura di Davide De Boni – sulla collana Urania, ritorna in libreria, con una veste grafica accattivante, La nube purpurea, capolavoro visionario di Matthew Phipps Shiel del 1901 e precursore del genere fanta-apocalittico.
Sebbene sia un testo datato di oltre cento anni, ciò che si nota è la sconcertante attualità del romanzo: Adam ci guida nell’allucinazione di una psiche spezzata, in cui l’ambizione e l’indifferenza spadroneggiano. Ci fa vedere quanto l’uomo non riesca a comprendere i propri errori, quanto sia materialista e quanto soffra per la solitudine.
Shiel, con una scrittura potente, evocativa ed emblematica, riesce a far immergere il lettore in un testo che è permeato dall’ineluttabilità della predestinazione: non è un caso che Adam sia sopravvissuto, non è un caso nulla di ciò che succede. Non è un caso che, essendo da solo, si senta il padrone del mondo e che venga colto dai deliri di onnipotenza.
Ma con che diritto ci si sente padroni di ciò che non ci appartiene?




La nube purpurea è una storia di distruzione totale e rinascita, forse fin troppo reale nel delirio, che, grazie alle forti riflessioni sull’animo umano, lascerà un segno indelebile nei lettori.





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