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|RECENSIONE MANGA| La regina d'Egitto. L'occhio azzurro di Horus (Vol.1) - Chie Inudoh

febbraio 11, 2020








Hatshepsut, costretta inizialmente a sposare il fratellastro per permettergli di diventare faraone, passerà alla storia come una figura femminile caparbia e una grande regina. Questo è il racconto, ricco di emozioni, battaglie e colpi di scena, della sua scalata al potere!











Hatshepsut, unica figlia del faraone Thutmosis I e della regina Ahmose, è l’unica vera erede della dinastia reale. Ma qualcosa non può farle ereditare la corona che le spetterebbe: è una donna e, anche se la discendenza si eredita per via matriarcale, è comunque costretta a sposare il fratellastro Sethi, che dopo il matrimonio diverrà Thutmosis II.
Ma il matrimonio, che potrebbe sembrare un limite, non sarà che l’inizio per Hatshepsut: fin dall'infanzia ha sempre preferito i duelli ai trucchi, quindi è decisa a prendere la corona…anche se ciò significa (al momento) regnare nell'ombra con astuzia degna del miglior stratega.


Molto interessante la riscrittura in forma romanzata della vera storia di Hatshepsut, che regnò realmente sull'Egitto oltre 3500 anni fa, a cura di Chie Inudoh che – con un tratto pulito, riconoscibile, espressivo e dal taglio cinematografico – porta alla luce il girl power della regina faraone ed evidenzia il profondo studio della società egiziana dell’epoca.
La giovane Hatshepsut è un personaggio iconico da cui prendere ispirazione e che insegna che non è un corpo a determinare l’attitudine: Sethi, suo marito, è un ragazzo borioso e violento, totalmente incapace di regnare nonostante sia un uomo. Lei, invece, sa già che per farsi amare e rispettare dagli uomini di una società che solo in apparenza è clemente con le donne deve utilizzare l’unica cosa che non le si può contestare: la bellezza (e la spiccata intelligenza che per ovvie ragioni deve tenere ben celata).
Così, in un mondo – passato, presente, futuro – in cui essere donna è considerato uno svantaggio ed visto come qualcosa di cui pentirsi, c’è sempre modo per dimostrare che la suddetta illazione è stata diffusa da personaggi con evidenti problemi di autostima e senso di inferiorità.
Perché la bellezza è un’arma più affilata di un coltello e, se unita all'intelligenza, è letale.


Nel primo volume di questo promettente manga – curato dalla sempre ottima JPop che, con la consueta cura del dettaglio, confeziona un volume dalla sovraccoperta pergamenata dai toni oro/turchese che, al tatto, sembra un papiro – si comincia a dipanare, in un crescendo di emozioni, intrighi e colpi di scena, la storia di una regina che è stata una delle più grandi sovrane mai esistite ma che, avendo subìto la damnatio memoriae, ancora oggi paga per essere stata dieci passi avanti agli uomini.





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Si ringrazia la CE JPop per l'invio del manga





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|RECENSIONE| Big Ray - Michael Kimball

febbraio 06, 2020










Big Ray è morto, ma il suo ricordo è tanto ingombrante e pesante quanto il suo corpo da vivo. Il figlio ne ricostruisce la vita alternandosi tra passato remoto e passato recente, tra i ricordi di un'infanzia violenta e le prove di riavvicinamento e comprensione dell'età adulta, nel tentativo di decifrare le origini della rabbia del padre e i fattori scatenanti della sua obesità. "Big Ray" è un romanzo al tempo stesso sconcertante e toccante che offre una serie di squarci nella complessa elaborazione di un lutto e dei traumi di un'infanzia schiacciata dalla paura. È raccontato con una voce schietta e a tratti ironica, in uno stile di scrittura molto originale, aneddotico e fotografico, che scompone la narrazione in oltre 500 brevi paragrafi staccati: come a rappresentare la natura frammentaria dei ricordi, ma anche il timore di ricordare tutto, l'incapacità di gestire, tutto insieme, il carico emotivo dei traumi infantili. Con questa opera, Michael Kimball si conferma come scrittore di grande talento, di incredibile profondità e dallo stile unico, e torna a essere pubblicato in Italia dopo "E allora siamo andati via" (Adelphi).













C’è un momento in cui si ha bisogno, davvero bisogno, della figura genitoriale.
Di essere capiti, sorretti moralmente, di ricevere i giusti elogi e rimproveri, di essere semplicemente amati.
Ma non tutti vivono in famiglie felici, e si portano dietro traumi e dolori che vorrebbero solo dimenticare.
Questo è il caso di Michael Kimball, che con Big Ray e tramite il suo protagonista Daniel ricostruisce e frammenta episodi della sua vita tra cinquecento mini paragrafi dopo la morte del padre.



Big Ray è una personalità ingombrante, fisicamente e psicologicamente.
È obeso, fallito e sfoga le sue frustrazioni sui più deboli.
È la personificazione della cattiveria, qualcuno da cui fuggire più lontano possibile per respirare.
Ma come si fa a fuggire via dal proprio padre, quello che tanto si riconosce che sbaglia ma di cui si cerca sempre – anche inconsciamente – l’approvazione?



Kimball, con una scrittura forte, potente, innovativa, cruda e priva di censure, si immerge volontariamente nell'abisso di dolore del vissuto e del lutto e ne analizza lucidamente ogni aspetto, cercando di far chiarezza nella sua mente del perché suo padre abbia agito come un despota e non come un genitore amorevole, quasi come se lo vedesse come un rivale e non una sua creatura. E, anche se vi è un rapporto di odio/amore, Kimball viene dilaniato dal dubbio che la credenza popolare del “tale padre tale figlio” riguardi anche lui.
Del resto, se è cresciuto in quel contesto, non si troverà automaticamente a replicare ciò che ha subìto?



È facile associare la dinamica familiare di Daniel, il protagonista, a quella di Gregor Samsa di kafkiana memoria che, con la sua Metamorfosi, ha lanciato uno straziante grido d’aiuto che ancora risuona nelle orecchie dei lettori dopo anni dalla pubblicazione. Eppure una differenza c’è, nonostante la similitudine: sebbene entrambi vessati dai genitori, il protagonista di Kafka non possiede la forza di rinascere dalle sue ceneri, di svincolarsi totalmente dal genitore – ne è testimone la mela ammuffita conficcata nel corpo; il protagonista di Kimball invece dedica il libro a suo padre e ne sviscera comportamenti e azioni per cercare di capire se dalla sua sofferenza potrà nascere qualcosa di buono. E si chiede se, nonostante tutto, la morte del padre non sia un bene per la sua realizzazione personale e non gli permetta di fare qualcosa che, diversamente, gli sarebbe stato precluso.



Big Ray è un libro che spezza, che fa male, ma è quel dolore che serve per rinascere più forti di prima. È un libro necessario, di cui non sarà mai facile parlare ma che resterà nel cuore e donerà nuova forza e nuova consapevolezza: essere sopravvissuti è il punto d’inizio per liberarsi dalla prigione di dolore in cui ci si era (o ci si era stati) rinchiusi. 





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Si ringrazia la Pidgin Edizioni per l'invio del libro cartaceo





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|REVIEW PARTY| La nube purpurea - Matthew Phipps Shiel

gennaio 28, 2020









Un vapore mortale - dall'inquietante luce purpurea e dall'inebriante profumo di fiori di pesco - spazza il mondo e annienta tutte le creature viventi. Rimane un unico uomo, Adam Jeffson, medico, reduce da una missione esplorativa nell'Artico. Come un Robinson Crusoe apocalittico, Adam inizia la sua epopea per la sopravvivenza. Ma, a differenza di Robinson, non è relegato su un'isola: a sua disposizione ha l'intero pianeta, un mondo silenzioso e devastato. E se l'eroe di Defoe faceva ricorso a tutte le più sottili doti del raziocinio e dell'intelligenza, Adam sprofonda invece nella follia, passando per i deliri e le allucinazioni della solitudine più profonda. Tuttavia una lucidità visionaria si fa lentamente strada nella sua mente, ed egli diventa infine consapevole che la sua sopravvivenza non è casuale e che il suo destino - e quello della razza umana - fa parte di un piano più vasto. Pubblicato agli albori del Ventesimo secolo, "La nube purpurea" è riconosciuto come uno dei grandi capolavori della fantascienza: un grandioso racconto emblematico dei più sinistri incubi novecenteschi, ma anche un'epica vicenda di rovina e rinascita, fine e principio.


















Il giovane dottore Adam Jeffson, convinto dall’ambiziosa fidanzata a raggiungere il polo Nord per ottenere l’eredità dell’uomo più ricco del mondo, s’imbarcherà sulla Boreal. Lui, proprio lui che neanche vede le strane coincidenze che hanno permeato l’intero quanto difficoltoso viaggio, incredibilmente riuscirà a raggiungere il polo. Ma ecco che una strana nube dal colore rossiccio stermina l’intera popolazione globale con l’esalazione dal profumo di fiori di pesco.
Questo sarà solo il principio della fine per la psiche di Adam che, rimasto ormai solo tra le infinite strade deserte, dovrà fare i conti con se stesso.



Ad un anno di distanza dalla ripubblicazione – riveduta, corretta e in versione integrale a cura di Davide De Boni – sulla collana Urania, ritorna in libreria, con una veste grafica accattivante, La nube purpurea, capolavoro visionario di Matthew Phipps Shiel del 1901 e precursore del genere fanta-apocalittico.
Sebbene sia un testo datato di oltre cento anni, ciò che si nota è la sconcertante attualità del romanzo: Adam ci guida nell’allucinazione di una psiche spezzata, in cui l’ambizione e l’indifferenza spadroneggiano. Ci fa vedere quanto l’uomo non riesca a comprendere i propri errori, quanto sia materialista e quanto soffra per la solitudine.
Shiel, con una scrittura potente, evocativa ed emblematica, riesce a far immergere il lettore in un testo che è permeato dall’ineluttabilità della predestinazione: non è un caso che Adam sia sopravvissuto, non è un caso nulla di ciò che succede. Non è un caso che, essendo da solo, si senta il padrone del mondo e che venga colto dai deliri di onnipotenza.
Ma con che diritto ci si sente padroni di ciò che non ci appartiene?




La nube purpurea è una storia di distruzione totale e rinascita, forse fin troppo reale nel delirio, che, grazie alle forti riflessioni sull’animo umano, lascerà un segno indelebile nei lettori.





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|REVIEW PARTY| Fiore di sangue - Crystal Smith

gennaio 14, 2020







Quella di Aurelia di Renalt non è per niente una vita da principessa delle favole. Dotata di poteri straordinari, è costretta a nasconderli perché nel suo regno la legge vieta il ricorso alla magia e il Tribunale, un'istituzione speciale assetata di sangue, punisce spietatamente chiunque venga accusato di stregoneria o sorpreso a praticarla. Il suo destino, inoltre, è di sposarsi con un ragazzo che non ha mai incontrato di persona, principe ereditario del Regno di Achlev, per assicurare una pace duratura tra quest'ultimo e il suo regno. Quando però il suo segreto viene svelato, Aurelia è costretta a scappare dal palazzo. Sola e alla deriva, giunge in un nuovo regno, dove insperatamente ha la possibilità di ricominciare da zero. Fingendosi una comune suddita, infatti, per la prima volta da quando è nata può affrontare la sua vita in totale libertà. Qui finalmente scopre la felicità che un'esistenza lontana dagli intrighi politici e dai compromessi può regalare. Qui può mettere a frutto l'oscura magia che le scorre nelle vene e che la lega a una misteriosa e potentissima pianta chiamata sanguefoglia. Ma i fantasmi del passato non la lasciano in pace a lungo. Infatti, nel momento in cui verrà a conoscenza di un piano nefasto del Tribunale che minaccia l'esistenza stessa del suo regno, dovrà scegliere tra la sua nuova vita e quella che pensava di essersi lasciata alle spalle. Con la certezza che se non riuscirà ad agire prima che il Tribunale faccia la sua ultima mossa potrebbe perdere ben più della corona. "Fiore di sangue" è un romanzo dalle tinte cupe, un fantasy nel quale si intrecciano sensualmente magia, amore e intrighi.
















La vita di Aurelia è tutto fuorché bella: è una principessa primogenita, ma nel suo regno salgono al trono solo i figli maschi (quindi si deve aspettare che il fratellino compia la maggiore età); ha dei poteri straordinari ma deve tenerli nascosti perché nella sua terra la magia è stata bandita e chi viene scoperto a praticarla viene messo al rogo ed è costretta a sposare un principe di una terra vicina per mantenere la pace tra i regni.
Ma cosa potrebbe succedere se venisse scoperto il suo segreto?



Primo di una trilogia e retelling della fiaba La guardiana delle oche dei Fratelli Grimm, Fiore di sangue è certamente una lettura scorrevole ed avvincente, sebbene pecchi di prevedibilità ed abbia un worldbuilding ristretto.
Crystal Smith è molto brava, però, a intessere una trama che appassiona, ricca di avvenimenti, omicidi, tradimenti, magia e segreti che si rifà al passato ed alle superstizioni che hanno permeato interi secoli – basti pensare alle donne accusate di stregoneria e messe al rogo – o sulle leggi impari che hanno sempre visto le donne come dei mezzi per stabilire alleanze tramite matrimoni combinati.
Anche se l'unico POV è quello di Aurelia – la coraggiosa ed intrepida principessa diciassettenne che scoprirà che ogni decisione porta ad una conseguenza, che si trova a combattere da sola per la sopravvivenza, il valore del sacrificio e dell'amore e che scoprirà di avere alleati nelle persone più impensabili –, i vari personaggi secondari sono ben caratterizzati e tridimensionali.



In definitiva è un buon libro introduttivo di una serie young adult che, sicuramente, ci regalerà emozioni sempre maggiori e che, se preso a solo, presenta già una fine perfettamente coerente.








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|RECENSIONE MANGA| Summer time rendering (vol.3 & 4) - Yasuki Tanaka

dicembre 21, 2019







Shinpei, cresciuto sull'isola di Hitogashima, vive a Tokyo da quando ha finito le scuole medie. Un giorno però riceve una triste notizia: Ushio, sua grande amica d'infanzia, è scomparsa improvvisamente per un incidente in mare. Tornato sull'isola per il funerale, il giovane sarà costretto a fare i conti con le ombre che si nascondono all'interno della ristretta comunità dell'isola. E mentre le circostanze della morte di Ushio si rivelano sempre più misteriose e cominciano a verificarsi degli avvenimenti inquietanti e inspiegabili, Shinpei si vedrà precipitare in una spirale oscura e drammatica. Dopo aver vissuto il terribile massacro alla sagra estiva, Shinpei rivive il 22 luglio per la quarta volta. Si mette subito alla ricerca di un elemento chiave di tutta la vicenda, Ryunosuke Nagumo, che sembra nascondere parecchi segreti... Ha inizio il contrattacco!








Shinpei, Nagumo e Nezu hanno abbattuto "Shiori", l'ombra che aveva ucciso Ushio. Il loro prossimo obiettivo è l'ombra di Mio, che quella notte dovrebbe presentarsi di fronte alla trattoria. Inaspettatamente, davanti a Shinpei appare "Ushio" e lui, per la sorpresa, rischia di farsi prendere alla sprovvista da "Mio". Quali effetti avrà questa inaspettata svolta degli eventi?












Se hai perso la recensione dei primi due volumi clicca qui e qui!



Nel terzo volume, Shinpei rivive per la quarta volta il 22 luglio dopo aver assistito al massacro durante la sagra estiva del 24 e cerca Ryunosuke Nagumo, la donna che lo ha salvato più volte negli scorsi volumi e che sembra conoscere qualcosa in più di questa storia...


Complice un messaggio vocale senza nome sul suo cellulare che la implora di aiutare Shinpei a distruggere le ombre, Hizuru Minakata torna a Hitogashima dopo quattordici anni e, apparentemente, sta raccogliendo informazioni per scrivere un romanzo. Registra nelle note vocali tutto ciò che vede e si scopre che conosceva Ushio perché, prima di trasferirsi a Tokyo, mangiava sempre alla Trattoria Kofune ed è in grado di riconoscere le ombre perché in passato ci ha avuto a che fare.
Shinpei, parallelamente, conduce delle indagini e scopre un modo per stanare chi è stato "copiato": le ombre delle "ombre" si ritraggono se vengono toccate. Ma Shinpei come può fidarsi di qualcuno che potrebbe essere affetto dal "morbo dell'ombra"? E cosa fare se Nagumo è proprio Minakata?


Se nel terzo volume, quindi, ci si è concentrati sull'enigmatica figura di Minakata, nel quarto volume invece si riprende esattamente da dove si era interrotto il precedente e si scopre che anche Usho può viaggiare nel tempo come Shinpei e gli racconterà tutto ciò che ha visto il 24 luglio prima che "la Madre" arrivasse e sterminasse tutti gli abitanti di Hitogashima, portando con sé alcune risposte e numerose altre domande...


Chi sono i veri amici? Di chi ci si può fidare? E cosa c'entra la vecchia clinica, ormai chiusa, della famiglia di Sou – amico d'infanzia di Shinpei, Ushio e Mio?


Il Maestro Tanaka sa bene come far crescere l'attenzione e l'hype dei lettori: essa viene calamitata dai disegni prospettici, che sanno rendere perfettamente le atmosfere claustrofobiche in un susseguirsi di eventi dal ritmo serrato e cinematografico, oltre che sottolineare sapientemente le scene con l'uso dei giochi di contrasto tra bianco e nero.


Ad ogni volume si aggiunge un tassello essenziale – anche grazie ai flashback ed alle pagine dedicate all'Archivio, in cui vengono mostrati documenti e altre informazioni riguardo ai protagonisti e a ciò che man mano scoprono – ma, mentre si è convinti di aver compreso cosa sta succedendo e cosa vogliono le ombre, ecco che nuovi colpi di scena arrivano a spazzare le precedenti congetture e spiazzare il lettore, sorprendendolo continuamente.


Summer Time Rendering continua ad essere una lettura straconsigliata a chi ama i thriller sovrannaturali, in cui tutto è il contrario di tutto e dai personaggi ben caratterizzati.
Ed un consiglio: ricordate sempre di togliere la sovraccoperta al manga per non perdere preziosi indizi!






Recensione a cura di:








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Si ringrazia la CE Edizioni Star Comics per l'invio del manga






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